Brasile, mano dura contro le occupazioni

Rio de Janeiro. Allarme Isis e repressione dei movimenti

Manifestazione a Rio

Mano dura contro le occupazioni. In Brasile, il governo ad interim di Michel Temer usa l’«allarme terrorismo» per reprimere i movimenti sociali. Almeno 50 agenti in tenuta antisommossa hanno sgomberato con violenza i manifestanti, accampati in un edificio del Ministero della Cultura a Rio de Janeiro dal 16 maggio. Nelle cariche è stato colpito anche l’ex senatore del Partito dei lavoratori Eduardo Suplicy.

Il 12 maggio, il Senato ha votato l’impeachment contro Dilma Rousseff, con 55 voti favorevoli e 22 contrari. La presidente è stata sospesa dall’incarico per 180 giorni e, da allora, i movimenti sociali l’accompagnano al grido di «Fora Temer». Secondo il presidente del Senato, Renan Calheiros, il voto finale dopo il processo dovrebbe tenersi «nella settimana del 20», probabilmente dopo la chiusura dei Giochi olimpici (che si svolgono dal 5 al 21).

Temer – che ha nominato un gabinetto di soli uomini bianchi, anziani e ricchi – sta passando la scure sui diritti: ha abolito ministeri sociali, ha licenziato, ha tagliato i programmi rivolti ai settori popolari. Un’ondata di proteste, scoppiata in oltre 18 città del paese, lo ha però obbligato a ripristinare il Ministero della Cultura. Intanto, sono apparsi chiari i contorni e gli intenti del golpe istituzionale: proteggere i suoi principali artefici dall’inchiesta per tangenti Lava Jato, la «mani pulite» brasiliana che Rousseff voleva agevolare. Gran parte dei parlamentari e dei senatori che hanno votato l’impeachment sono coinvolti nel grande scandalo per corruzione dell’impresa petrolifera di Stato, Petrobras. Per questo, diversi ministri di Temer hanno dovuto dimettersi.

Per contro, il Pubblico ministero federale ha ritenuto infondata la denuncia penale sporta nei confronti della presidente, e ha archiviato il fascicolo relativo alla cosiddetta «pedalata fiscale», un’operazioni di credito mascherata. Cade quindi il «crimine di responsabilità» che ha mosso l’impeachment: la presidente non ha truccato i conti dello Stato. Il 20 luglio, anche la sentenza del Tribunale internazionale sulla democrazia in Brasile, composto da giuristi, intellettuali, premi Nobel e anche dal Tribunale dei popoli, ha stabilito che l’impeachment costituisce un colpo di stato e deve essere considerato nullo.

Il Tribunale è stato convocato a Rio de Janeiro dalle organizzazioni Via Campesina, Fronte Brasile Popolare e Fronte di giuristi per la Democrazia. La sentenza verrà inviata al Supremo Tribunal Federal per chiedergli di «impedire la rottura dell’ordine democratico» e annullare il procedimento contro la presidente. E, negli Stati uniti, anche un gruppo di 40 deputati del Partito democratico si è diretto a John Kerry per esprimere «profonda preoccupazione per la minaccia alle istituzioni democratiche» che rappresenta l’impeachment, e ha chiesto al segretario di Stato Usa di non appoggiare il governo Temer.

Il leader del movimento brasiliano dei Sem Terra, Joao Pedro Stedile, ha dal canto suo annunciato che intensificherà le occupazioni, qualora Temer voglia vendere le terre alle multinazionali, come ha scritto la stampa in questi giorni. Stedile ha denunciato il pacchetto di riforme neoliberiste deciso da Temer e ha dichiarato che il Fronte Brasile Popolare, di cui fanno parte diversi movimenti sociali come l’Mst sta valutando la possibilità di uno sciopero generale prima della votazione finale sull’impeachment.

E mentre si moltiplicano gli allarmi sulla possibilità di cellule dell’Isis provenienti dalla città di Corrientes, in Argentina, Dilma Rousseff ha detto in un’intervista alla Jornada che l’attuale crisi del Brasile è «la peggiore dalla fine della dittatura militare», e che sui Giochi olimpici «spira un’aria contaminata».

 

 

Fonte:

http://ilmanifesto.info/brasile-mano-dura-contro-le-occupazioni/

DUE PAROLE SUI MONDIALI DI CALCIO IN BRASILE

Share

09 giugno 2014

di Silvestro Montanaro*

Pubblicato il 9 giugno 2014 sulla pagina Facebook dell’autore

disegno di Ivan Navarro Sardella

Anni fa, Roberto Murolo e Lina Sastri interpretarono una straordinaria melodia, “Quante bugie”. Era dedicata alla loro città, Napoli, ed invitava ad andare oltre le apparenze per scoprirne, con i suoi “eterni” mali e vicoli, il dolore profondo che ne impregna la storia quotidiana.

In sintesi, dicevano, se volete conoscere Napoli, andate in giro per i suoi quartieri popolari. Lì scoprirete quante bugie si raccontano… e che il sole, il mare e l’allegria sono solo una parte dell’anima e del vissuto della gente che vi abita. Il resto ha un sapore tremendamente amaro.

In questi ultimi giorni prima del mondiale di calcio in Brasile, infuria la polemica. Avevo sperato che le intelligenze si destassero e finalmente facessero i conti con questo sempre più mostruoso colosseo che sono gli eventi messi in piedi dalla Fifa. Niente contro il calcio, per carità, ma quanto calcio è restato in questo business miliardario che ancora ne porta il nome?

Ed ancora, niente contro i grandi eventi internazionali, ma come non vedere che alcuni grandi flussi di spesa pubblica, cioè soldini dei contribuenti, vengono investiti in eventi come la Coppa del mondo, in paesi con stridenti disparità sociali e maleodoranti ingiustizie, senza neanche pensarli per un attimo come possibile strumento di riqualificazione urbana e sociale? E come non vedere che alla fine di quei soldini di tutti, a trarre beneficio, e’ sempre e solo una ben nota minoranza?

Ora una cerchia crescente di “cantanti” prezzolati, accusa quasi di razzismo chi critica la faraonica, costosa, violenta e corrotta operazione dei mondiali in Brasile. Perché criticate, dice questa lercia compagnia? Forse che il Brasile, in quanto sud del mondo, non ha diritto ad organizzare questo tipo di eventi? Ed aggiungono che eventuali ruberie e mancanze, in fondo, ci son sempre state e sempre ci saranno, ad ogni latitudine. Insomma, viva la Coppa e viva il Brasile, il paese più bello del mondo e, udite udite, il più socialista grazie ai governi prima di Lula ed ora della Dilma Roussef. Miserabili bugiardi…

Nessuno mette in discussione il diritto del Brasile di organizzare un grande evento. È ormai l’ottava economia mondiale e ci ha persino superati. Ma sono i brasiliani ad aver che dire. La critica di massa, espressasi in questi mesi in migliaia di manifestazioni, è ad un investimento che rende profitti per pochi e lascia inalterati, ed anzi aggrava, i problemi di sempre. Scuola, sanità, diritti elementari sono e resteranno per pochi. I miliardi investiti avrebbero potuto riqualificare ambienti urbani terribili, invece hanno prodotto violente ulteriori emarginazioni.

Ed è ovvio per chiunque sia in buona fede che un biglietto per assistere ad una partita, pari al salario minimo brasiliano, suoni più che un’offesa per tanta gente di quella parte del mondo. Il paese più “socialista” del mondo con Lula e Dilma ha sicuramente aumentato salari e pensioni, ma nello stesso tempo non ha voluto controllare un vertiginoso aumento dei prezzi che quegli aumenti ha volatilizzato. Prezzi che, con il mondiale, ora sono alle stelle.

Quello stesso paese più “socialista” del mondo, con Lula e Dilma, si e’ definitivamente consegnato ai signori della grande finanza. Lo sviluppo si e’ basato anche su una diffusione dei consumi a dir poco drogata. Non un aumento reale della capacità di spesa dei cittadini, ma strumenti finanziari come gli acquisti con carte di credito che hanno riempito anche le famiglie più fragili economicamente, tuttora maggioritarie, di inutili tessere magnetizzate. In media ogni famiglia ne possiede una dozzina e sono tutte divenute carte di debito grazie ad interessi finanziari che, nel Brasile “socialista“, arrivano e superano tranquillamente il 100%. Un mare immenso di debiti grava su tanta parte delle famiglie brasiliane. Debiti da ripagare, ma non si sa con quali soldi.

E sempre in questo “paradiso in terra“, la finanza ha talmente in mano le leve del il potere che gestisce in proprio la salute e la scuola. Ovviamente quelle private e a caro costo. Indovinate chi si oppone nei fatti ad una riqualificazione di quelle pubbliche ridotte in condizioni miserabili? Chissà perché mi viene in mente che tra certi che qui da noi inneggiano ad un simile sistema paese, sicuramente ci sono quelli del “e vai! Abbiamo anche noi una banca!

In questo straordinario santuario del progresso, ora chi contesta, sia esso un poveraccio, o un insegnante della scuola pubblica o un medico di un ospedale pubblico al collasso, è un criminale. In ogni caso sospetto di volere un ritorno delle destre al potere. “Taci, il nemico ti ascolta!” Sembra più fascismo, più stalinismo, no?

Chi critica questi mondiali e’ un criminale ed un nemico del paese. E da nemico viene e va trattato. La critica è nemico. Lessico socialista? Ma via! È gravissimo, soprattutto in un paese che non ha mai fatto i conti con il suo passato dittatoriale e che ha i suoi strumenti di ordine interno (polizia, esercito, forze speciali…) ancora impregnate di quella violenza e spirito di morte, tanto da non esser ancora stato capace di risolvere il problema degli squadroni della morte e delle lupare bianche ai danni dei marginali, fossero anche bambini.

Ed allora, a chi andrà da quelle parti, chiedo di parlare con la gente normale e visitare qualche quartiere popolare. Per capire, per scoprire che carnevale, pallone, mare e amore affollano anche qui il proscenio di mille canzoni. Ahimè, profondamente bugiarde.
Il carnevale come la coppa durano pochi giorni… poi c’e’ la vita, quella vera, con tutta la fatica dei suoi problemi. Quella che a certi bugiardi di professione non e’ mai interessata.

*Silvestro Montanaro,

  scrittore, giornalista ed autore televisivo. La sua serie di reportages televisivi “C’era una volta…“, è andata in onda su Rai 3 dal 1999 al 2013.

  Il sito “I grandi reportages di Silvestro Montanaro” raccoglie quasi tutti i suoi documentari.

Fonte:

http://carlinhoutopia.wix.com/carlinhonews#!due-parole-sui-mondiali-in-brasile-di-s/cqxu