28 febbraio 1978: i Nar uccidono Roberto Scialabba

 

scialabbaIl 28 febbraio 1978 è per i neofascisti romani una data significativa: tre anni prima era morto durante gli scontri alla sezione missina del rione Prati Mikis Mantakas, giovane militante del Fuan. L’episodio aveva segnato un vero e proprio punto di svolta per alcuni giovani neofascisti, tra i quali i fratelli Fioravanti, Francesca Mambro a Alessandro Alibrandi, che avevano quindi deciso di impugnare le armi: così erano nati i Nar (Nuclei Armati Rivoluzionari), che si renderanno negli anni responsabili di almeno 33 omicidi e che a tutt’oggi sono ritenuti responsabili della strage di Bologna.

Nei giorni precedenti all’anniversario della morte di Mantakas, Fioravanti e i suoi accoliti discutono molto su quale azione mettere in atto per ricordare il camerata ucciso, fino a quando un neofascista appena uscito dal carcere riporta la notizia che a sparare ad Acca Larentia, il 7 gennaio, sono stati quelli del centro sociale di Via Calpurnio Fiamma.
Detto, fatto: quella sera in otto salgono su tre macchine e si dirigono verso il quartiere Tuscolano. Arrivano davanti all’edificio occupato, ma lo trovano chiuso, perché la mattina stessa è stato sgomberato da un’operazione di polizia.
Il gruppetto comincia a perlustrare la zona, entra in un parchetto e vede un gruppo di ragazzi, che dal vestiario sembrano appartenere alla sinistra extraparlamentare. I neofascisti scendono da una delle macchine, e cominciano subito a sparare.
Le pistole però si inceppano, ma per terra rimane, ferito, Roberto Scialabba, colpito al torace, mentre gli altri ragazzi, alcuni feriti, riescono ad allontanarsi.
L’agguato potrebbe concludersi senza vittime, ma Valerio Fioravanti salta addosso a Roberto e gli spara: uno, due colpi alla testa. È il primo omicidio di Valerio Fioravanti, ma lui stesso si rende conto che i ragazzi di Piazza San Giovanni Bosco non avevano nulla a che fare con Acca Larentia.
Alcune ore dopo, una telefonata all’Ansa rivendica l’omicidio: “La gioventù nazional rivoluzionaria colpisce dove la giustizia borghese non vuole. Abbiamo scoperto noi chi ha ucciso Ciavatta e Bigonzetti. Onore ai camerati caduti.”
Ci vorranno però quattro anni, dopo le dichiarazioni del pentito Cristiano Fioravanti, perché la magistratura riconosca la matrice politica del delitto, che fino allora era stato considerato un “regolamento di conti tra piccoli spacciatori”.
In una scritta, quando il 30 settembre di un anno prima era stato ucciso Walter Rossi, Roberto, pur non conoscendolo direttamente, lo aveva così ricordato: «Una lacrima scivola sul viso, una lacrima che non doveva uscire, il cuore si stringe, si ribella, i suoi tonfi accompagnano slogan che si alzano verso il cielo “non basta il lutto pagherete caro pagherete tutto”».
Così, all’indomani della morte, i compagni di Cinecittà lo ricordavano: «Roberto era un compagno che lottava, come tutti noi, contro un’emarginazione che Stato e polizia gli imponevano. E’ caduto da partigiano sotto il fuoco fascista».
Fonte:

 

Valerio vive, un’idea non muore! 3000 in corteo a Roma

 

di redazione

Tremila persone hanno attraversato le strade del III municipio a Roma a 35 anni dalla morte di Valerio Verbano, una manifestazione riempita dalle lotte della città, una tappa importante verso la mobilitazione del prossimo 28 febbraio #MaiConSalvini.

Un grande corteo ha attraversato oggi le vie dei quartieri di Tufello e Monte Sacro dimostando come ‘Valerio vive, la rivolta continua’, non sia solo uno slogan ma una realtà vissuta da migliaia di persone. La rivolta continua tutti i giorni, contro chi vuole impoverirci e renderci sempre più vulnerabili e ricattabili, contro chi specula sui nostri territori, contro chi semina e soffia sul fuoco della guerra tra poveri nelle periferie, tra poveri e migranti; contro chi ci bombarda attraverso i mass media di messaggi razzisti e xenofobi, contro chi ci vuole far credere che nella diversità si deve necessariamente celare la pericolosità.

Sono passati 35 anni, e oggi come ieri, rispondiamo a tutto questo portando avanti e creando dal basso una risposta forte contro tutto questo. Costruiamo e spargiamo nella città laboratori di welfare, laboratori di formazione, risposte concrete alla crisi e alla precarietà. Protagonisti della manifestazione prima di tutte le strutture sociali e i laboratori di cittadinanza e diritti del territorio come la scuola popolare dedicata a Carla Verbano, la scuola d’italiano per migranti, il Lab! Puzzle e il Csa Astra, la Palestra popolare Valerio Verbano, il Comitato case popolari del III municipio, il Casale Alba 2 e i collettivi studenteschi, comitati e spazi sociali di tutta la città.

Il corteo di oggi si è inserito nella campagna di mobilitazione contro la presenza il 28 febbraio a Roma della Lega di Matteo Salvini i nuovi fascisti vestiti di verde, che verranno a Roma con treni e pullman speciali, per fare campagna elettorale sulla pelle dei soggetti più vulnerabili e ricattabili di questa società. Quei soggetti quotiniamente strumentlizzati, un giorno pericolosi invasori, un giorno terroristi fino a diventare coloro che rubano il lavoro agli italiani. Ma non viene mai detto che sono prorpio loro che pagano il prezzo più alto, perchè costretti ad accettari lavori a salari bassissimo, e per questo concorenziali, per poter stare in Italia.Condivideremo una piazza plurale e radicale per dire che la Roma meticcia rifiuta la propagana della Lega e dei suoi amici di Casa Pound, che accorreranno da tutta Italia per battere le mani sotto il palco del Carroccio mendicando poltrone e coperture.

 

 

Fonte:

http://www.dinamopress.it/news/valerio-vive-unidea-non-muore-3000-in-corteo-a-roma

 

 

Leggi anche qui:

http://popoffquotidiano.it/2015/02/20/valerio-vive-sabato-corteo-a-roma/

 

E qui:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/544-22-febbraio-1980-i-nar-uccidono-valerio-verbano

Aggressione fascista al Csa Dordoni di Cremona – Sabato 24 gennaio: MANIFESTAZIONE NAZIONALE ANTIFASCISTA a Cremona!

Lunedì 19 Gennaio 2015 09:56

 

altPubblichiamo l’appello per la manifestazione antifascista a carattere nazionale che si terrà a Cremona sabato 24 gennaio dopo i gravissimi fatti di ieri pomeriggio. Inoltre è stata convocata per la giornata di oggi una mobilitazione diffusa nei territori per esprimere vicinanza e solidarietà ad Emilio.

Qui l’intervista di RadioInfoaut a Michele del CSA Dordoni sui fatti di ieri e di presentazione delle giornate di mobilitazione antifa:

Emilio, un compagno di tante lotte e tante battaglie, è in ospedale in coma farmacologico con una emorragia cerebrale estesa a causa di un assalto squadrista al centro sociale Dordoni di Cremona.

L’attacco premeditato e scientificamente organizzato dai fascisti di CasaPound cremonesi, in combutta con altri militanti di estrema destra provenienti da fuori città, ha trovato una risposta determinata da parte dei compagni presenti nel centro sociale, ma purtroppo Emilio è stato colpito alla testa da diverse sprangate.

I fascisti si sono accaniti sopra ad Emilio fino a quando è stato portato in sicurezza all’interno del centro sociale; è stata, tuttavia, immediatamente chiara la gravità del suo stato di salute.

Infame è stato il comportamento della polizia che ha semplicemente identificato gli assaltatori e successivamente, per permettere loro di andarsene indisturbati, ha violentemente caricato il presidio di antifascist* radunatesi sul posto.

Per esprime totale vicinanza e solidarietà con Emilio è stata indetta:

Lunedì 19 gennaio una giornata nazionale di mobilitazione diffusa nei territori

Contro squadristi, polizia e istituzioni conniventi:

Sabato 24 gennaio un corteo nazionale antifascista, determinato, autodifeso e militante con la parola d’ordine: chiudere subito tutte le sedi fasciste!

Pagherete caro! Pagherete tutto!

#Emilioresisti

(Seguiranno informazioni dettagliate su orario e luogo del concentramento di sabato 24 gennaio)

Intanto in molte città italiane si stanno organizzando presidi in solidarietà con gli e le antifasciste cremonesi:

Bergamo h 18.00 – piazza Vittorio Veneto

https://www.facebook.com/events/1587396741474669/

Bologna h 18.00 – Presidio in piazza Verdi

https://www.facebook.com/events/606342242843020/

Brescia h 18.00 – Presidio in Piazza della Loggia

https://www.facebook.com/events/1554504444789851/

Bussoleno h 18.00 davanti sede Anpi

Cremona h 18.30 – Cortile Federico II

https://www.facebook.com/events/1659176050976373/

Cosenza h 18.00 Piazza 11 Settembre

https://www.facebook.com/events/783841645029860/

Livorno h 18.00 – Presidio in Piazza Cavour

https://www.facebook.com/events/1385939358378667/ 

Mantova h 18.00 – Presidio in Via Principe Amedeo

Pisa h 17.30 – Presidio alle Logge dei Banchi

https://www.facebook.com/events/633618113431709/

Roma h 18.30 piazzale Tiburtino

https://www.facebook.com/events/752639711490020/

Torino h 17.00 – Presidio davanti a Palazzo Nuovo

https://www.facebook.com/events/1641311579423395/ 

Viareggio martedì 20gennaio h 17.00 – zona mercato (piazzone via Battisti)

https://www.facebook.com/events/710189745765448/

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/antifascismoanuove-destre/item/13709-sabato-24-gennaio-manifestazione-nazionale-antifascista-a-cremona

Domenica 18 Gennaio 2015 21:35

altaggiornamento ore 24: i compagni e le compagne del Csa Dordoni riferiscono di un vero e proprio agguato premeditato da parte di 50 fascisti armati di spranghe, che hanno approfittato del derby allo stadio per raccogliere a chiamata alcuni volti noti di fascisti di altre città, in particolare Parma e Brescia. Intorno alle 18 l’assalto prima da parte di un gruppo di 10 fascisti, raggiunti poco dopo da altri 40 vigliacchi sbucati dalla via vicina al Dordoni.

Durante l’aggressione Emilio, compagno storico cremonese, è stato colpito al volto con una spranga e ora si trova all’ospedale, in coma, con una grave emorragia cerebrale e in pericolo di vita. Prima che i compagni (che erano presenti nel centro sociale nel numero di 7-8 persone) riuscissero a soccorrerlo, i fascisti si sono accaniti su di lui, già a terra, colpendolo con calci.

Da rimarcare anche il solito atteggiamento infame della polizia, che arrivata sul posto si è limitata a identificare i fascisti per poi rilasciarli poco dopo e, per garantirgli la fuga in tutta tranquillità, ha caricato violentemente i compagni del Dordoni che nonostante l’inferiorità numerica difendevano lo spazio.

Al momento diverse decine di compagni e compagne sono giunti a Cremona anche da altre città ed è in corso un’assemblea per decidere come rispondere a questa vigliacca aggressione squadrista.

La corrispondenza ai microfoni di Radio Onda d’Urto con Michele del Csa Dordoni che ricostruisce l’accaduto e riporta alcuni aggiornamenti:

 

altPubblichiamo un primo breve aggiornamento dei compagni e delle compagne del Csa Dordoni in merito alla vigliacca aggressione squadrista messa in atto poche ore fa da una sessantina di fascisti di Casapound nei confronti del centro sociale.

Esprimiamo massima solidarietà ai compagni e alle compagne cremonesi, con l’augurio che il compagno gravemente ferito si riprenda al più presto, e ci uniamo all’appello a raggiungere il presidio antifascista all’esterno del Csa Dordoni.

Seguiranno aggiornamenti.

Poche ore fa sessanta fascisti di CasaPound cremonesi con il supporto di squadristi provenienti da fuori hanno assaltato il Centro Sociale Dordoni e durante gli scontri per difendere lo spazio un compagno è stato colpito a sprangate in testa e attualmente è in coma in gravissime condizioni.

Successivamente si è verificata anche una carica di alleggerimento della celere sui compagni in presidio fuori dal centro sociale per permettere ai fascisti di andaresene indisturbati.

Si invitano tutti gli antifascisti e le antifasciste a raggiungere il presidio fuori dal Centro Sociale Dordoni.

Il centro sociale è in via Mantova 7/A (ex foro boario), parcheggio dello stadio – Cremona

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/antifascismoanuove-destre/item/13707-aggressione-fascista-al-csa-dordoni-di-cremona

Kento presenta Hip Hop Smash The Wall

Gennaio 02 2015

  • Scritto da c.s.o.a. Angelina Cartella

    Hip hop smash the wall è un progetto pensato per unire giovani italiani e palestinesi attraverso l’hip hop e l’incontro diretto. Negli anni ce ne sono state molte di collaborazioni a distanza, ma questa volta si è voluta dare maggiore enfasi anzitutto al rapporto umano, face to face. Per questo il viaggio appena concluso di otto artisti italiani è solo la prima fase del progetto, che non chiude così, ma si pone l’ambizioso obiettivo di replicare l’esperienza in Italia, con i giovani hip hoppers palestinesi e poi, chissà, di nuovo in Palestina.
    Questo obiettivo però ha bisogno di essere sostenuto economicamente, in modo da permettere a tutti i ragazzi che hanno partecipato alle iniziative palestinesi di venire in Italia, per workshop formativi, esibizioni e qualche giorno di tranquillità lontani dall’Occupazione militare.

    L’iniziativa di sabato 10 gennaio, promossa dal Comitato “Reggio con la Palestina” si pone l’obiettivo di far conoscere questo progetto finalizzandone gli introiti della serata, oltreché continuare a parlare di Palestina…

    Sabato 10 gennaio al CSOA Angelina Cartella

    ore 18.00: incontro pubblico
    parteciperanno Francesco ‘Kento’ Carlo, per raccontarci del progetto Hip Hop Smash The Wall, e Enzo Infantino, del Comitato “Per non dimenticare il Diritto al Ritorno”

    ore 20.30 Cena sociale

    ore 22.30 live di KENTO

     

     

     

    Fonte:

    http://www.csoacartella.org/

Milano, ragazza incinta manganellata dalla polizia perde il bambino

 

  • Redazione Contropiano

Milano, ragazza incinta manganellata dalla polizia perde il bambino

 

Aveva partecipato alla difesa di due spazi sociali nel quartiere Corvetto, periferia sud di Milano, presi d’assalto martedì da polizia e carabinieri che avevano ricevuto l’ordine di sgomberare il Corvaccio e il RosaNera. Una ragazza incinta, di nazionalità romena, aveva raccontato ai giornalisti di essere stata manganellata da un agente di polizia durante le cariche contro gli attivisti e i manifestanti che cercavano di impedire lo sgombero dei due centri sociali e di alcune case popolari dell’Aler.
Ora è arrivata la notizia che durante la notte scorsa la ragazza, alla ventesima settimana di gestazione, ha perso il bambino che portava in grembo dopo esser stata ricoverata alla clinica Mangiagalli di Milano. Secondo i medici “la donna non avrebbe alcun segno di percosse” ma quattro sanitari hanno comunque inviato alla Procura di Milano una segnalazione per procurato aborto.

A confermare la notizia, già circolata sui social network, è stato il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, titolare del fascicolo sugli scontri del Corvetto. Il magistrato ha spiegato di aver “ricevuto l’informazione dall’ospedale e di aver disposto accertamenti in merito”.

Intanto il pm milanese Fabio De Pasquale ha disposto la scarcerazione dei tre giovani arrestati martedì con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale a seguito degli scontri nel quartiere Corvetto. La Procura ha disposto la liberazione dei tre giovani in quanto ha considerato le accuse a loro carico come fatti di lieve entità. I tre giovani avrebbero dovuto comparire in tribunale per la convalida dell’arresto per direttissima, ma il pm ha disposto la liberazione prima dell’udienza. Una cinquantina di attivisti dei centri sociali milanesi si erano radunati in presidio davanti all’aula per sostenere i tre arrestati, difesi dall’avvocato Eugenio Losco, che avevano trascorso la notte in questura. Secondo il pm gli episodi di cui sono accusati, il lancio di lattine e pezzi di intonaco contro le forze dell’ordine  durante lo sgombero del centro sociale Corvaccio in via Ravenna, non erano di una gravità tale da richiedere l’arresto. I tre restano comunque indagati a piede libero, sempre con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, come gli altri quattro ragazzi denunciati in seguito agli scontri scoppiati dopo gli sgomberi.

Ultima modifica il Venerdì, 21 Novembre 2014 19:59

 

IL RINNOVO DELL’ORDINANZA REGIONALE SUI RIFIUTI SAREBBE UN ERRORE

12 Nov 2014
Scritto da C.S.O.A. ANGELINA CARTELLA

Alla città e alla Calabria serve altro


È sicuramente un’eredità pesante quella ricevuta dal neo Sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, tante sono le problematiche cui dovrà provare a dare soluzioni e in tempi drammaticamente rapidi. Una di queste è l’ennesima emergenza rifiuti ormai alle porte, un evento scontato per chi ha seguito in questi anni le dinamiche legate al sistema di raccolta e smaltimento regionale.

Certo non è cosa facile affrontare un sistema regionale dei rifiuti come quello calabrese, dominato dalle speculazioni e dal malaffare, come denunciato da quell’“anarcoambientalista” di Pecorella ai tempi in cui era Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti in Calabria. Non sono bastati a questo proposito né i quindici anni di commissariamento del settore, né tantomeno i due anni di gestione “ordinaria” fatti a suon di provvedimenti tampone e di scelte che tutto hanno avuto tranne che carattere programmatico.

Il ritornello oramai stantio atto a giustificare la situazione lo conosciamo bene: la Regione ha ricevuto dal Commissario un sistema disastroso (dimenticandosi però di dire che diversi degli attori protagonisti dell’ attuale gestione, sono stati protagonisti dell’ufficio commissariale), per rimettere a posto le cose ci vogliono ingenti investimenti che la regione non può al momento affrontare perché non ci sono somme in bilancio e inoltre vanta un enorme credito dai comuni calabresi quasi tutti insolventi, i comuni non hanno le risorse per pagare i loro debiti, e poi perché dovrebbero pagare per un servizio che non hanno ricevuto? Inoltre quegli incivili dei calabresi non fanno la differenziata e non pagano neanche le tasse… Ècosì che va avanti l’eterno rimpallo di responsabilità che vede come unici perdenti i cittadini calabresi e come allegri vincitori i gestori di discariche, impianti e di servizi connessi al ciclo dei rifiuti.

È all’interno di questo scenario che in questi giorni abbiamo letto degli incontri e delle proposte avanzate dal Sindaco Falcomatà, come la richiesta di rinnovo dell’ordinanza regionale che autorizza il conferimento in discarica dei rifiuti non trattati, un atto questo fortemente osteggiato da noi e da tutti i comitati calabresi che si sono occupati in questi anni della questione rifiuti. Così come denunciato in passato, noi crediamo che questa proposta sia decisamente sbagliata: l’ennesima soluzione tampone che non risolvendo il problema ne amplifica la portata.

Non è il livello comunale quello a cui stiamo facendo riferimento: non possiamo di certo addossare la colpa a Falcomatà della situazione, né pretendere da lui la bacchetta magica per risolvere un problema pluriennale. Ma ci domandiamo perché chiedere di reiterare un atto, un’ordinanza “straordinaria” ma in piedi ormai da 18 mesi, che avrebbe valenza regionale, che andrebbe a togliere le castagne dal fuoco al Dipartimento Politiche per l’Ambiente regionale che in questi anni ha continuato il “lavoro” dell’Ufficio del Commissario, senza soluzione di continuità, teso a incentivare discariche e megaimpianti a discapito della differenziata e della riduzione dei rifiuti, aumentando i costi collettivi e gonfiando le casse delle lobbies del settore.

Non si potrebbe chiedere una deroga per i soli Comuni che dovrebbero far riferimento all’impianto di trattamento di Sambatello, che non funziona da un tempo ormai imprecisabile, invece di richiedere l’estensione del provvedimento a tutto il territorio calabrese? Non si potrebbe, inoltre, per tamponare l’emergenza, emanare un’ordinanza comunale che imponga la separazione umido-secco dei rifiuti e il conferimento solo della frazione umida e lo stoccaggio della secca, nell’attesa che si possa organizzare una raccolta porta a porta?

Questi sono solo due piccoli spunti. Noi riteniamo improcrastinabile una netta inversione di tendenza nel settore rifiuti, un cambio di rotta che, aldilà dei facili slogan, possa riconsegnare nelle mani dei Comuni la responsabilità delle gestioni, e non allontanarla sempre più dai cittadini, come disegnato dalla legge di riordino e dalle politiche nazionali. Una svolta che punti fortemente alla differenziata, non solo per raggiungere – e magari superare – le percentuali previste dalla legge, ma anche per gestirne i proventi della vendita, che punti a piccoli impianti di prossimità, per il compostaggio e il recupero dei materiali, e non ai megaimpianti e alla filiera finalizzata alla pratica barbara e scellerata dell’incenerimento dei rifiuti.

Il Comune di Reggio, il più grande della Calabria, può fare da testa di ponte per una gestione virtuosa e trasparente del ciclo dei rifiuti, pubblica e partecipata, non ascoltando le sirene dei professionisti del settore ma guardando all’interesse e al benessere dei suoi abitanti e dei calabresi tutti.

 

Fonte:

 

http://www.csoacartella.org/index.php?option=com_content&view=article&id=1046:il-rinnovo-dellordinanza-regionale-sui-rifiuti-sarebbe-un-errore&catid=7:comunicati&Itemid=2

 

 

Sgomberato il Cinema America a Trastevere

Nonostante il percorso avviato con le istituzioni questa mattina la Questura di Roma ha bussato alle porte del Cinema America. Blindati e agenti della digos hanno proceduto all’ingresso forzoso [..] , portando anche uno degli attivisti in Questura per essere identificato.

Come si arriva allo sgombero di questa mattina? La vertenza del Cinema America sembrava stesse procedendo verso la conclusione, con l’impegno del ministro della cultura Dario Franceschini a vincolare come “sala cinematografica storica” l’America (impegno ribadito anche alla Mostra del Cinema di Venezia), impedendo così la speculazione edilizia immaginata dalla proprietà, dall’altra con la disponibilità degli occupanti a trattare lo spostamento delle attività in un’altra sede, una volta che le garanzie sulla tutela della sala fossero inequivocabili. Anche il Campidoglio, almeno a parole, si impegna per una soluzione positiva della vicenda.

A questo punto qualcosa cambia: la proprietà dello stabile torna alla carica e Questura e Prefettura, ancora una volta, ignorano ogni passaggio di trattativa e di percorso pubblicato aperto dalle istituzioni e procedono con lo sgombero. Non c’è tregua per gli spazi di socialità e cultura a Roma. Dopo le vicende che hanno coinvolto l’Angelo Mai e il Teatro Valle, dopo lo sgombero del Volturno, la legalità e la tutela degli interessi della proprietà privata e della rendita dimostrano di essere ancora una volta gli unici principi con cui governare la città. Ancora una volta Marino e i suoi, in buona compagnia questa volta con un ministro del Governo fanno la figura dei “fessi” di fronte al decisionismo degli organi deputati alla gestione dell’ordine pubblico. Non c’è trattativa o interesse pubblico che tenga di fronte all’implacabile logica legalitaria e alla difesa della proprietà come sacra, anche se questo vuol dire spazi abbandonati e speculazioni, o magari la cancellazione di un presidio culturale accessibile a tutta la città in un centro storico sempre più gentrificato, mentre le politiche culturali per Roma sono ridotte dall’austerity al lumicino.

Dopo 14 anni di abbandono il Cinema America il 13 novembre del 2012 è tornato a vivere. Oggi potrebbe scomparire per far spazio ad un palazzo di cui nessuno sente il bisogno, mentre in molti sentiranno la mancanza di uno sala cinema al centro della città.

 

 

Fonte:

http://www.dinamopress.it/news/sgomberato-il-cinema-america-a-trastevere

8 anni fa l’omicidio per mano fascista di Renato Biagetti

27 e 30 Agosto | Renoize 2014 Naturally Against Fascism

A 8 anni dall’assassinio di Renato non abbiamo perso la determinazione di raccontare la sua storia, le sue passioni e attivare l’ingranaggio della memoria. In 8 anni però abbiamo vissuto sulla nostra pelle, e nella consapevolezza di un’intera città, che l’unico modo per far vivere quella memoria e far in modo che fortifichi le radici per il futuro, è farla vivere nel presente, nella creazione di percorsi e progetti, di incontri e nessi, di battaglie e resistenze.

 

RENOIZE 2014
Naturally against fascism

27 AGOSTO

dalle 17.00 Focene – Buena Onda
TORNEO DI BEACH RUGBY

dalle 20.00 Fiumicino – Vecchio faro
APERITIVO NOPORTO al BILANCIONE OCCUPATO

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30 AGOSTO@PARCO SCHUSTER

Dalle 17.30 ASSEMBLEA PUBBLICA

Dalle ore 19.00 sul palco
– CITIZEN KANE
– SOLTE
– KAOSFORCAUSE
– MALEDUCAZIONE ALCOLICA
– WOGIAGIA
– RADICI NEL CEMENTO
– RADIO TORRE feat PAVESE&KONTRAMINA

A 8 anni dall’assassinio di Renato non abbiamo perso la determinazione di raccontare la sua storia, le sue passioni e attivare l’ingranaggio della memoria. In 8 anni però abbiamo vissuto sulla nostra pelle, e nella consapevolezza di un’intera città, che l’unico modo per far vivere quella memoria e far in modo che fortifichi le radici per il futuro, è farla vivere nel presente, nella creazione di percorsi e progetti, di incontri e nessi, di battaglie e resistenze.

E’ sotto gli occhi di tutti/e come in una paura generalizzata dovuta alla crisi, ai suoi meccanismi di devastazione sociale e precarizzazione delle nostre vite si insinuino striscianti messaggi di intolleranza e fascismo; il contesto europeo, ormai piano condiviso per il potere, ma anche per noi cittadini e tessuto sociale, racconta dell’affermazione ed attività di formazione politiche di chiara matrice fascista.
La destra nostrana prova a scimmiottarla con iniziative e contenuti mortiferi, con azioni notturne di aggressioni e assalti, in Italia e a Roma. Per questo motivo continuiamo a ritenere un piano centrale quello di connettere le pratiche di lotta con una chiara matrice antifascista, consapevoli che il fascismo che dobbiamo affrontare è, non solo quello nostalgico, ma quello, ben più dinamico ed insinuato nelle politiche economiche e nella cultura, del potere e del capitalismo.

Per questo ci prepariamo anche quest’anno a ricordare Renato e il suo assassinio, il 27 agosto del 2006.
Ma anche a fare vivere le sue passioni e i suoi sogni e dimostrare la capacità di organizzazione, di costruzione di senso e di combattiività del tessuto sociale di questa metropoli, non solo per difenderne le radici antifasciste ma per rivendicare il diritto ad una possibile alternativa, dando vita a Parco Schuster, per il 30 Agosto, ad una giornata di musica, dibattito ed incontro.

Con Renato sempre nel cuore.

 

 

Fonte:

http://acrobax.org/2014/07/27-e-30-agosto-renoize-2014-naturally-against-fascism/

 

 

Qui un articolo di Cristiano Armati, scritto un paio d’anni fa, che racconta la dinamica dell’omicidio di Renato:

di Cristiano Armati*

Quando, alla fine di agosto del 2006, i giornali romani aprirono le pagine di cronaca dando la notizia dell’arresto dei due “balordi” che, la notte tra il 26 e il 27, avevano ucciso a coltellate un ragazzo sul lungomare di Focene, il lettore distratto sarebbe passato oltre credendo di avere a che fare con la solita rissa tra ubriachi: un gruppo di giovani sovraeccitati dalla droga e dall’alcol che litigano nel parcheggio di una discoteca arrivando prima a riempirsi di botte e poi ad ammazzarsi tra di loro. Dei fatali esiti di una «rissa tra balordi», parlavano anche i commenti forniti a corredo della notizia: articoli scritti in punta di penna ma terribilmente preoccupati di specificare come la politica, con quel fattaccio, non avesse nulla a che fare: essendo la conflittualità sociale soltanto un brutto sogno vissuto negli anni Settanta e, oggi come oggi, completamente dimenticato.

La precisazione, apparentemente inutile (e quindi sospetta), si rendeva necessaria non appena, tra le righe dei quotidiani impegnati ad analizzare l’accaduto, emergeva la biografia della vittima: Renato Biagetti, ventisei anni, fresco di laurea in ingegneria, tecnico del suono e grande appassionato di musica reggae. La notte tra il 26 e 27 agosto del 2006, era stato proprio l’amore per i ritmi afrogiamaicani a spingere Renato a mettersi in macchina insieme a Laura, la fidanzata, e a Paolo, il suo migliore amico, per spostarsi da Grotta Perfetta, dove viveva ed era nato, per arrivare fino al «Buena Onda» di Focene: una dance hall sulla sabbia ricavata all’interno di uno stabilimento che, di notte, dà spazio ai seguaci delle good vibrations come, di giorno, ospita i romani dediti al surf. Con il caldo torrido che affligge una Roma ancora semideserta, è naturale spingersi sul litorale per trovare un po’ di refrigerio: Renato, Laura e Paolo, al Buena Onda, restano finché, intorno alle cinque del mattino, la luce tremolante delle stelle annuncia la fine della tregua concessa dal sole prima di un nuovo giorno. È in questo momento, mentre Renato e Paolo si siedono su un muretto e Laura recupera la macchina dal parcheggio, che un’automobile si affianca ai ragazzi. A bordo, il volto di due completi sconosciuti. Persone anonime che, abbassando i finestrini, si mettono a gridare: «E finita la festa? Sì? Allora ritornatevene a Roma, merde!».
Più che di un insulto, si tratta di una vera e propria dichiarazione di guerra. Nell’abitacolo della vettura degli aggressori, insieme ai lampi sinistri degli occhi, scintillano le lame. È a colpi di coltelli, infatti, che una volta scesi dalla macchina gli aggressori si avventano sui ragazzi. Paolo viene colpito e anche Laura è presa a pugni. Renato Biagetti, in modo particolare, è raggiunto al corpo da otto fendenti micidiali. Chi lo ha ridotto in quello stato scappa tentando di dileguarsi mentre, a soccorrere Renato, restano Laura e Paolo, ancora insieme al fidanzato e all’amico quando, d’urgenza, il ragazzo viene ricoverato in ospedale. Qui Renato riesce ancora a fornire a un carabiniere, giunto al suo capezzale, la sua ricostruzione dei fatti ma, purtroppo, sono proprio queste le sue ultime parole. Le profonde lesioni che ha subito fuori dal Buena Onda risultano fatali e, intorno a mezzogiorno, provocano la morte di Renato.
Mentre Renato veniva accoltellato sulla spiaggia, diversi testimoni vedono i ragazzi che infieriscono con i coltelli e, quando gli aggressori scappano con la macchina, annotano il numero di targa e il modello della vettura. Stranamente questi riferimenti non consentono affatto ai carabinieri di mettere immediatamente le mani sugli assassini così gli aggressori riescono a far perdere le loro tracce risultando irreperibili per almeno tre giorni.
In questo lasso di tempo, ad ascoltare le testimonianze di Paolo e Laura, più che i giornalisti ci sono i compagni del centro sociale Acrobax: uno spazio pubblico autogestito ricavato all’interno delle pertinenze dell’ex cinodromo di Ponte Marconi; in questo momento, forse l’unico punto di riferimento per chi, alla resa dei conti, capisce come la morte di Renato Biagetti non sia certo frutto di una rissa ma, al contrario, l’esito di una crudele aggressione. È proprio un comunicato emesso dall’Acrobax a quarantotto ore dalla morte di Renato, infatti, a cui si deve il primo tentativo di arginare la disinformazione che sta piovendo sul cadavere del ragazzo assassinato:
“Non si è trattato di una rissa tra balordi all’uscita di una delle discoteche del litorale ma di uno dei tanti episodi che si iscrive dentro un clima sociale, politico e culturale determinato dalle destre in Italia. Non sappiamo chi sono questi delinquenti ma queste pratiche ci ricordano da vicino le tante aggressioni agli spazi sociali e alle persone che li attraversano che si sono ripetute a Roma e altrove”.
Parole che trovano una triste conferma nel momento in cui chi ha colpito Renato viene finalmente arrestato. Si tratta di due ragazzi di diciannove e sedici anni: Vittorio Emiliani, nativo di Focene, e G.A, ancora minorenne, originario di Nola. E se non bastassero le modalità squadristiche con cui i due hanno consumato la loro aggressione; se non fosse sufficiente sottolineare il pregiudizio che grava sullo stabilimento dove Renato ha trovato la morte, considerato a Focene un «ritrovo di zecche»; se non servisse parlare dell’impegno profuso da Renato in tutte le iniziative in cui la musica veicolava messaggi antirazzisti, antifascisti e antisessisti; se tutto questo non consente ancora di accedere alla dimensione politica da cui è scaturito l’omicidio di Biagetti, allora non resta che sollevare la maglietta di Vittorio Emiliani per mostrare a tutti la croce celtica che il ragazzo esibisce sul braccio, tatuata.
Emiliani ha ucciso, eppure avere un morto sulla coscienza non basta a fargli ammettere le colpe di cui si è macchiato: «C’è stata la lite, questo lo ricordiamo – ammette di fronte ai carabinieri – ci siamo anche picchiati, ma non ricordiamo della coltellata che ha ucciso il ragazzo».
Gli inquirenti non insistono e mettono a verbale le dichiarazioni di Emiliani. Effettivamente la sua memoria deve funzionare davvero male visto che la «coltellata che ha ucciso il ragazzo» di cui parla non è stata soltanto una, ma addirittura otto. Un aggravante di assoluto rilievo che non tarda ad emergere quando sul cadavere di Renato viene disposta una regolare autopsia. Osservando le ferite sul corpo di Biagetti, il patologo descrive bene l’efferatezza con cui sono state usate le lame:
“Due coltellate ebbero a raggiungere il bersaglio tangenzialmente alla superficie cutanea; due penetrarono a livello del gomito e dell’avambraccio di sinistra e, pertanto, possono essere interpretati come colpi limitati dall’azione di difesa, perché altrimenti diretti al cuore; due vibrate in rapida successione penetrarono la regione sovra iliaca sinistra; due attinsero l’emitorace sinistro e penetrarono profondamente nel torace producendo lesioni viscerali”.
L’arma del delitto, su indicazione dello stesso Vittorio Emiliani, viene ritrovata seppellita nei giardinetti di Focene. Secondo Paolo e Laura, anche il ragazzo minorenne che era con Emiliani ha partecipato all’aggressione armato di coltello: d’altronde come avrebbe potuto, il solo Emiliano, vedersela con Paolo e Laura riuscendo, nello stesso tempo, a vibrare otto fendenti contro Renato? Il caso di Renato Biagetti è particolarmente tragico ma tutt’altro che isolato. Un dossier compilato dopo la morte del giovane tecnico del suono, non a caso, raccoglie informazioni riguardanti ben 134 aggressioni a sfondo razzista, omofobo e fascista compiute a Roma e nel Lazio tra il 2004 e l’estate del 2006.  Dal momento che non riguardano persone morte, simili notizie fanno fatica ad essere divulgate e, se finiscono sui giornali, molto difficilmente superano la dimensione del classico trafiletto. Diluite negli spazi in genere riservati a reati come furti e rapine, le informazioni sulla violenza politica diventano difficilmente distinguibili da quelle sulla criminalità comune, generando lo stesso tipo di attitudine che, all’ennesima potenza, esplode nel corso del processo agli assassini di Renato: l’attitudine a negare, insieme alle idee, anche la dignità della vittima. Perché morire nel corso di una rissa tra balordi non è assolutamente uguale a essere uccisi in virtù di un’aggressione subita a causa della propria differenza morale ed esistenziale.
Eppure, da questo punto di vista, neppure il processo ha reso giustizia alla dinamica dei fatti di Focene. Vittorio Emiliani è stato riconosciuto colpevole di omicidio volontario e condannato a scontare quindici anni di reclusione. Una pena simile a quella inflitta al suo complice minorenne, condannato a quattordici anni e otto mesi. Nella motivazioni della sentenza, però, riaffiora lo spettro della «rissa tra balordi» senza alcuna allusione alla matrice politica dell’agguato: degno corollario di un dibattimento in cui gli osservatori non hanno potuto fare a meno di sottolineare alcune circostanze a dir poco strane. La deposizione che, poco prima di morire, Renato rende al carabiniere arrivato a sentirlo all’ospedale Grassi, per esempio, non venne verbalizzata dal militare: come mai?
Si tratta ancora di una dimenticanza o questa singolare perdita di memoria può essere ricollegata alle decisioni con cui i giudici impediscono sia all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia sia al comune di Roma di costituirsi parte civile nel corso del processo?
Renato Biagetti, come affermano gli avvocati della famiglia: «È stato colpito barbaramente con otto coltellate in un’aggressione caratterizzata da inaudita ferocia, conseguenza di un violento sentimento di avversione verso il comportamento, le scelte e lo stile di vita di Renato e dei suoi amici».
Ed è proprio in questo «violento sentimento di avversione verso il comportamento, le scelte e lo stile di vita» che si iscrivono i modi della violenza politica contemporanea. Nascondere la testa sotto la sabbia e negare l’insorgenza di una simile questione, da questo punto di vista, impedisce la nascita di un dibattito collettivo in grado di arginare un problema tutt’altro che superato. Succede così, nel secondo anniversario della morte di Renato, che il concerto indetto al Parco Schuster per commemorare il ragazzo, venga «festeggiato» da una nuova aggressione condotta a colpi di coltello. Ancora una volta, alle quattro del mattino, un piccolo gruppo di ragazzi che avevano aderito all’iniziativa viene circondato da dieci estremisti di destra mentre torna alla propria automobile. L’agguato, per fortuna, non provoca nuovi morti ma lascia sull’asfalto un ragazzo di ventisette anni con profonde lacerazioni alle coscia e altri due giovani con ferite causate da armi da taglio e da catene. Questa volta nessuno ha il coraggio di dire che «la politica non c’entra» eppure, confinata in qualche trafiletto, la notizia finisce soffocata nel marasma della cronaca, una ferita aperta nel cuore di una città tutt’altro che pacificata.
Roma, 27 agosto 2012
                                                                                                    *scrittore
Fonte:

 

 

Il caso di Presley e Zeno

La Procura di Padova rinvia a giudizio per calunnia,oltraggio e lesioni chi ha subito la violenza delle forze dell’ordine ed ha osato denunciare pubblicamente gli abusi.

21 / 8 / 2014

Padova: chi denuncia l’abuso di polizia è denunciato per calunnia, la sospensione dei più elementari diritti civili, quello all’integrità fisica, al rispetto della persona in quanto cittadino, vengono legittimati dalla chiusura delle indagini istruttorie su 2 fatti di ordinaria follia securitaria, che hanno avuto una vasta risonanza mediatica ed una pronta mobilitazione di movimento.

E’ di questi giorni la notizia che due degli episodi più noti di abusi di polizia verificatisi pochi mesi fa a Padova saranno oggetto non di un processo agli agenti della municipale o di polizia che se ne sono resi protagonisti ma, al contrario, nei confronti di chi ha avuto l’ardire di denunciare pubblicamente l’avvenuto.

Così sia Presley, il nigeriano da 20 anni residente a Padova pestato dopo un controllo del biglietto, sia Zeno, lo studente attivista di movimento “energicamente” prelevato dal reparto mobile ad una fermata del tram, si trovano accusati, com’è ordinario,  di  resistenza a pubblico ufficiale, lesioni , oltraggio, ma anche di calunnia.

La Procura della Repubblica patavina ha rapidamente concluso le indagini, affidate agli stessi corpi di polizia cui appartengono gli agenti denunciati: nel caso di Presley, dalla polizia municipale, nel caso di Zeno, dalla polizia di stato.

Chi controlla i controllori? Di certo non la Procura, che neanche per un momento si permette il lusso di dubitare sulla veridicità delle relazioni degli stessi agenti protagonisti degli episodi, al punto di far svolgere gli accertamenti  agli stessi soggetti (o ai loro colleghi ).

Il fascino della divisa si sta diffondendo … messaggio chiaro ed inequivocabile in una città dove una giunta intollerante sta improntando la vita quotidiana di tutti i soggetti indesiderati: stranieri, mendicanti o meno, principalmente ed in prima battuta, ma anche attivisti ed associazioni, senza guardare in faccia nessuno, dai centri sociali ai “beati costruttori di pace”.

Il pugno di ferro della giunta si fonda proprio sull’uso-abuso della forza e sul silenzio complice sulle azioni di polizia. C’è ancora chi denuncia gli abusi? Chi documenta l’arresto di  un mendicante senza una gamba ammanettato a terra ? Chi denuncia  per istigazione a delinquere un assessore che consiglia caldamente di abusare dei propri poteri alla polizia municipale che dirige ?

Sappiatelo: non è gradito anzi viene intimidito dai diretti interessati e non solo, così come la chiusura dell’attività istruttoria ce lo ricorda.

Fonte:

http://www.globalproject.info/it/in_movimento/il-caso-di-presley-e-zeno/17674

Roma – Corto Circuito sotto attacco

31 / 7 / 2014

Stamattina, 31 luglio 2014, al CSOA Corto Circuito sono stati applicati i sigilli ed è stato effettuato il sequestro preventivo dell’area che riguarda l’Osteria e la casetta di legno del “Giardino Stefano Cucchi” utilizzata dalla Palestra Popolare, dalla scuola di musica e dalla scuola Popolare del Corto Circuito.

Contemporaneamente a questo atto, il pronto intervento Acea ha chiuso l’acqua a tutta l’area del centro sociale mettendo in difficoltà non solo l’osteria ma tutte le attività e i servizi del centro sociale.

L’episodio di oggi al Corto Circuito è solo l’ultimo di una lunga serie di atti che mirano a cancellare l’ esperienze e i percorsi degli spazi occupati e autogestiti di Roma.

Spazi occupati e autogestiti che da 30anni costituiscono un’ alternativa culturale, economica, politica e sociale in una città dove speculazione e privatizzazione hanno fatto da padroni.

Pertanto, al fine di sviluppare una strategia comune di lotta e resistenza, invitiamo tutti gli spazi sociali, tutte le realtà occupate e l ‘ntera cittadinanza stasera al CSOA Corto Circuito  per un confronto aperto e partecipato seguito da una cena sociale.

PER IL DIRITTO ALLA CITTA’, CONTRO OGNI SGOMBERO

ROMA NON E’ IN VENDITA!

 

 

Fonte:

http://www.globalproject.info/it/in_movimento/roma-corto-circuito-sotto-attacco/17594