«Sandrine, morte atroce. Lo stato ora riprenda in mano la situazione»

Intervista. Don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm: «Servono soluzioni diverse nell’accoglienza». Per l’Italia l’appello a un volontariato «responsabile, professionale, ben gestito, che coinvolga le istituzioni»

L’interno del Cpa di Cona

«Una morte atroce. Sandrine è spirata sola, disperata, riversa in un bagno. Impossibile non sentirsi chiamati in causa nella “nostra Africa”, soprattutto per noi che abbiamo scolpito nel cuore il mandato evangelico Euntes curate infirmos…».

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Don Dante Carraro

Dante Carraro, 58 anni, cardiologo, ordinato sacerdote nel 1991, dall’estate 2008 è il direttore di Medici con l’Africa Cuamm, l’ong padovana che da più di 60 anni si preoccupa di garantire il diritto alla salute nel continente. È presente in Angola, Etiopia, Mozambico, Sud Sudan, Sierra Leone, Tanzania, Uganda con 827 operatori internazionali e 72 progetti di cooperazione più un centinaio di micro-realizzazioni di supporto, con cui appoggia 14 ospedali, 35 distretti medici, tre scuole infermieri e due università. Il bilancio 2015 del Cuamm ammonta a 21,7 milioni di euro di cui ben 19,4 investiti direttamente negli interventi, compresa l’ultima campagna dedicata al parto sicuro.

Qual è stata la reazione al «caso Cona» che in questi giorni ha riportato in primo piano la condizione dei profughi?

Confesso che mi fa venire le lacrime agli occhi pensare alla ragazza ivoriana di 25 anni stroncata da un’embolia polmonare. Atroce solo pensare ai suoi ultimi istanti di vita, alla ricerca di ossigeno senza più riuscire a respirare. Per di più, disperata e sola, abbandonata in un bagno. Sandrine è morta così, a poche decine di chilometri dal Cuamm. Un dramma anche per noi che siamo vicini quotidianamente alle donne africane affinché la gravidanza e la maternità siano sorrette da consapevolezza, impegno e un minimo accompagnamento sociale. Altrimenti, restano abbandonate a loro stesse. Con i nostri volontari assicuriamo visite mediche, ma anche ascolto, accompagnamento, coinvolgimento della famiglia, sicurezza e affetto. Devo dire che quest’attività a lunga gittata per lo più riesce, compresa l’educazione alla maternità responsabile in ogni suo aspetto. Che poi a Cona accada un episodio così tragico, davvero ti distrugge…

È il «Veneto africano» rimosso fino a quando non ci scappa il morto. Davvero non c’è alternativa ai migranti «ospitati» in massa nelle ex strutture militari?

Come sempre, donne e minori sono i più deboli, soggetti indifesi e troppo spesso esposti al peggio. In Africa come qui da noi, se la gestione si dimostra sostanzialmente carente finisce per produrre i drammi più inquietanti. Nell’ex base di Conetta, non c’è dubbio che una concentrazione così densa di persone rappresentasse da tempo una sorta di bomba ad orologeria destinata a deflagrare. Con 1.500 profughi ammassati, prima o poi i fattori di rischio avrebbero avuto la meglio. Non mi permetto di giudicare né di accusare nessuno, tuttavia mi sembrano evidenti almeno tre questioni.

La prima e più impellente?

Vanno cercate e trovate soluzioni diverse nell’accoglienza. Una distribuzione dei profughi più diffusa nel territorio, con quantità gestibili e in modalità più comprensibili ai residenti.

E poi cosa altro «insegna» questa vicenda?

Una sola coop fa fatica, comunque, perché nell’accoglienza servono anche le istituzioni. La morte di Sandrine richiama sindaci, prefetti, governo a riprendere in mano la situazione, senza deleghe. La terza questione riguarda il volontariato. Non c’è dubbio che in Italia si pone sempre più il tema dei migranti con un appello che chiama in causa il volontariato. Ma responsabile, professionale, ben gestito, che coinvolge sempre le istituzioni. Insomma un intervento competente, che assicuri condizioni idonee. Come Cuamm in Africa con i progetti sul campo vogliamo rafforzare il sistema sanitario locale: il volontariato non è supplenza, ma coinvolgimento.

In Italia qual è la vostra esperienza in situazioni di «emergenza» con i migranti costretti in condizioni limite?

A Rignano da un anno e mezzo, i nostri volontari e medici ogni fine settimana sono presenti con il camper per le centinaia di ghanesi che nel Foggiano raccolgono pomodori e sopravvivono in un ghetto. Ovviamente, l’assistenza non solo sanitaria è offerta senza un euro in cambio. Garantiamo un servizio essenziale temporaneo, sollecitando le istituzioni: con l’assessorato regionale c’è, appunto, un costante coinvolgimento per poter risolvere questa situazione altrettanto drammatica.

 

 

Fonte:

http://ilmanifesto.info/sandrine-morte-atroce-lo-stato-ora-riprenda-in-mano-la-situazione/

Leggi anche qui:

http://ilmanifesto.info/conetta-il-gelo-dopo-la-rabbia-nella-ex-base-missilistica/

E qui:

http://ilmanifesto.info/il-campo-di-conetta-non-e-una-risposta-civile-a-chi-ci-chiede-protezione-e-aiuto/

 

La mano nera dietro la manifestazione di Archi

di Alessia Candito

Lunedì, 10 Ottobre 2016 11:18

C’è una doppia tragedia nella squallida manifestazione che un centinaio di abitanti di Archi hanno inscenato ieri nei pressi dell’ex facoltà di Giurisprudenza, oggi mal riconvertita in un centro di accoglienza. Non si tratta solo di una manifestazione razzista. Non si tratta solo dell’ennesimo sconcertante episodio di una stupida e fratricida guerra fra poveri. Quella manifestazione è soprattutto la conferma di un giogo da cui il quartiere non si sa e non si vuole emancipare.

Schiavo di silenzio ed omertà, per decenni durante i quali nelle sue strade senza nome si è consumata una guerra da ottocento morti ammazzati, schiavo di un degrado tutto uguale a se stesso, voluto e ricercato come condizione ideale per creare un esercito che ogni giorno necessita di carne da cannone, oggi il quartiere porge il collo a un nuovo giogo. E sempre schiavo rimane.

Quella di domenica ad Archi non è stata una manifestazione spontanea. C’è una mano nera dietro il gruppetto di leoni, riuniti per ore nei pressi del centro di accoglienza, per insultare trecento ragazzini sopravvissuti a stento al viaggio devastante che li ha portati in Italia. A svelarlo, è il simbolo che con arrogante noncuranza è stato tracciato a mo’ di firma sotto gli striscioni esposti nel corso della manifestazione. Si tratta di una Odal ed è da sempre uno dei più noti segni distintivi di Avanguardia Nazionale, di cui più di uno fra i manifestanti è un orgoglioso esponente.

 

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Sciolto più volte come movimento eversivo, Avanguardia si è ripresentato più volte sotto molti nomi e molte forme. Ma non ha mai cambiato natura. È lo stesso movimento che negli anni Settanta vedeva fra i propri entusiasti sostenitori Paolo e Giorgio De Stefano e quel Paolo Romeo, che oggi per missiva giura e spergiura la propria fede democratica, nonostante decine di pentiti, neri e di ‘ndrangheta, raccontino la sua storica vicinanza a Stefano “Er caccola” Delle Chiaie.
È lo stesso movimento che reclutava carne da cannone nelle periferie grazie ai danari versati da fin troppi nomi noti della grande borghesia reggina, che orfani di un golpe abortito, hanno giocato la propria partita tessendo le fila dei Moti di Reggio. È lo stesso movimento, che ha portato per mano la ‘ndrangheta nei grandi giochi della strategia della tensione, accompagnandola a fare il lavoro sporco nelle strade e nelle piazze, fra omicidi politici e bombe “dimenticate” nei cestini.

Oggi Avanguardia Nazionale si ripresenta ad Archi, con i propri simboli e i propri militanti. Ancora una volta, gioca con gli istinti più sordidi e malpancisti di un quartiere che alla propria condanna non si è mai saputo ribellare. Come negli anni Settanta, ancora una volta indica un nemico facile – e inerme – come responsabile del degrado cui i veri padroni di Archi hanno condannato il quartiere. Ancora una volta la rabbia sociale è stata convogliata contro un bersaglio facile, prima che si dirigesse contro il reale nemico. E se oggi come quarant’anni fa, ci fossero i clan dietro chi si veste di nero e urla “prima gli italiani”? Né Archi, né il resto della città si possono permettere il lusso di attendere di scoprirlo.

Per l’ennesima volta, il quartiere si è dimostrato uno schiavo, sciocco e felice. Per l’ennesima volta, si è fatto abbindolare da chi gli ha raccontato che le sue strade senza nome, i suoi servizi inesistenti, i suoi palazzoni dimenticati siano colpa di chi è arrivato per ultimo e solo per chiedere aiuto. Per l’ennesima volta, proprio quando i clan sono in ginocchio, quando le loro storiche menti sono confinate dietro le sbarre, qualcuno gioca a innescare una bomba sociale che non c’è. Per l’ennesima volta, ha avuto gioco facile, grazie ad amministrazioni che hanno cambiato nome e volto, ma allo stesso modo hanno continuato a servire il culto di una città che nasconde il degrado in periferia come polvere sotto il tappeto.
Per l’ennesima volta, Archi ha reso omaggio al culto dell’omertà che diventa connivenza, dell’indifferenza che diventa giustificazione. Ma in questo modo non ha perso solo Archi. Ieri, per l’ennesima volta, è stata sconfitta tutta la città.

 

 

 

Fonte:

http://www.corrieredellacalabria.it/index.php/l-altro-corriere/il-blog-della-redazione/item/50513-la-mano-nera-dietro-la-manifestazione-di-archi

Reggio, protesta al centro di accoglienza di Archi

Circa duecento ragazzini, tutti arrivati nella città calabrese dello Stretto con gli ultimi sbarchi, si sono barricati all’interno della struttura in cui sono ospitati per chiedere una sistemazione più dignitosa

Lunedì, 18 Luglio 2016 10:44

REGGIO CALABRIA Proteste al centro di prima accoglienza di Archi, a Reggio Calabria. Circa duecento ragazzini, tutti arrivati nella città calabrese dello Stretto con gli ultimi sbarchi, si sono barricati all’interno della struttura in cui sono ospitati per chiedere una sistemazione più dignitosa. I minori chiedono vestiti puliti, cibo migliore, la possibilità di chiamare casa, prospettive. La maggior parte vorrebbe andare via, in altre strutture, in altre città, magari a Milano, da dove il Nord Europa – meta ultima per la maggior parte di loro – sembra più vicino. Ma il sistema in Italia è al collasso, dal Viminale alzano le spalle e così duecento ragazzi finiscono per rimanere in un’ex facoltà, più o meno riconvertita in centro d’accoglienza. Non ci sono letti per loro, ma brande della protezione civile. I bagni invece sono quelli previsti per gli ex studenti, più un’unità mobile che insieme ai sanitari contiene anche qualche doccia. Troppo poco comunque per una struttura arrangiata solo per l’accoglienza temporanea e divenuta centro di permanenza fino a data da destinarsi. Secondo quanto previsto dalla legge, i minori migranti sbarcati in Italia sono da considerare “in stato di abbandono” e sottoposti a tutela. Tocca infatti alla procura dei minori competente per territorio emettere una serie di provvedimenti di tutela per il minore – primo fra tutti la nomina di un tutore legale – come a dichiararne lo stato di adottabilità qualora non abbia parenti in vita. In più, sempre alla procura, di concerto con la Prefettura e le istituzioni locali, compete l’inserimento dei ragazzi in una struttura di accoglienza, tenuta non solo all’immediata assistenza – un tetto, un letto e il necessario per mangiare e vestirsi – ma anche a fornire al minore tutte le possibilità di inserirsi, lavorare, imparare, la lingua italiana, istruirsi. Un’enorme responsabilità, ma soprattutto un carico quasi impossibile da sostenere per un Ufficio come quello reggino, che ha risorse risicate – ci lavorano solo due magistrati – e incombenze molteplici, che vanno dal fronte criminalità organizzata all’ordinaria gestione. Un problema che diventa quasi impossibile da risolvere in mancanza di disponibilità presso strutture dedicate all’assistenza minori, in città o in Regione. Da tempo, Reggio lancia segnali di allarme al Viminale. Ma a Roma – per adesso – nessuno risponde.

Alessia Candito
[email protected]

 

 

Fonte:

http://www.corrieredellacalabria.it/index.php/cronaca/item/48100-reggio,-protesta-al-centro-di-accoglienza-di-archi

L’accoglienza diventa detenzione arbitraria per eseguire il rilievo delle impronte digitali. E centri di detenzione (CIE) vengono trasformati in centri di accoglienza, succede a Milano.

giovedì 16 ottobre 2014

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A Pozzallo sono in corso identificazioni violente dei profughi siriani forzati a rilasciare le impronte digitali. Sembra che almeno duecento profughi siano entrati in sciopero della fame all’interno del CPSA ubicato dentro il porto.
Si teme anche che siano in corso iniziative di identificazione nei confronti di cittadini solidali che si sono recati nei pressi del centro per verificare di persona cosa stava accadendo. Vedremo domani con quali risultati.
Intanto di risultati delle attività di polizia sono ben visibili questi, impressi sulla schiena di un profugo. Qualcuno avrebbe detto : “Con le buone o con le cattive prenderemo le vostre impronte”

https://www.facebook.com/video.php?v=877363518970667&set=vb.100000910804762&type=2&theater

Prima e dopo l’operazione congiunta di polizia “Mos maiorum”, che alla fine servirà probabilmente solo a qualche stratega della sicurezza per aggiornare le statistiche e dimostrare quanto sono efficienti gli apparati di contrasto di quella che definiscono “immigrazione illegale”, una trasformazione strutturale sta interessando i centri di accoglienza ed i centri di detenzione (CIE) in Italia.

Da tempo del resto, anche i CIE erano “centri di accoglienza” ed i migranti trattenuti, meglio sarebbe dire internati, ma si dovevano chiamare “ospiti”, parola del ministero dell’interno… Adesso succede con i profughi.

http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/immigrazione/sottotema006.html

Mentre  a sud, in particolare in Calabria ed in Sicilia non si sta assistendo a grandi retate, come nelle città del nord,  nelle regioni meridionali si verifica una trasformazione dei luoghi di accoglienza, variamente denominati, CSPA, centri di soccorso e prima accoglienza, come quelli di Pozzallo e di Lampedusa ( ormai riaperto), centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) come il centro S.Anna di Crotone-Isola capo Rizzuto. Cambiano natura anche i luoghi di detenzione amministrativa, come il CIE Corelli di Milano che starebbe per essere trasformato in un centro di accoglienza. Ed a Messina hanno riattivato una caserma dismessa, ma con una recinzione militare, per “accogliere” profughi e talvolta anche minori. Pratiche di confinamento e di esclusione che a Messina hanno trovato da mesi un primo terreno di sperimentazione nella tendopoli, aperta estate ed inverno, nel campo sportivo a ridosso del Palaspedini.

http://www.lurlo.info/index.php/rubriche/inchieste/item/896-l-affare-cara-20-000-euro-per-l-assistenza-ai-migranti-al-palaspedini

http://www.messinaoggi.it/News/Messina/Cronaca/2014/08/27/Nuovo-sbarco-aperta-lex-caserma-Bisconte-16691.html

Di fronte alla conclamata ingestibilità del sistema dei CIE, per i quali si è comunque prevista la riduzione del trattenimento amministrativo da 18 a 2 mesi, si sta organizzando un sistema di prima accoglienza e di seconda accoglienza con tutte le caratteristiche strutturali dei luoghi di detenzione, anche perchè i profughi siriani, somali, eritrei e di altre nazionalità, dopo lo sbarco, possono essere trattenuti arbitrariamente per giorni e giorni senza alcun provvedimento amministrativo, senza convalida del magistrato, senza garanzie di difesa se vengono sottoposti ad attività di indagine, senza mediatori linguistico-culturali indipendenti, senza informazione legale e senza assistenza psicosociale. Di fatto queste persone vengono sequestrate, o allo scopo di portare avanti le indagini per rintracciare gli scafisti, oppure più di recente, per costringerli con la violenza psicologica, se non con la violenza fisica al rilascio delle impronte digitali.

Si espongono dunque molti profughi,  tutti quelli che fuggono dalla Libia in guerra oggi lo sono, che in passato erano sottoposti soltanto alla formalità del fotosegnalamento subito dopo lo sbarco, al rischio di una vera e propria schedatura che ne compromette il successivo passaggio in un altro paese europeo per chiedere asilo.
Ricordiamo che quasi la metà dei circa 140.000 migranti che sono entrati quest’anno in Italia, la quasi totalità dei siriani, moltissimi eritrei, hanno lasciato l’Italia per un paese dove al riconoscimento dello status di protezione seguissero concrete possibilità di inserimento sociale.

Si diffondono quindi i comportamenti violenti delle forze di polizia, con un avvitamento delle pratiche di identificazione forzata che, nei giorni dell’operazione congiunta di polizia “Mos maiorum”,  corrisponde all’ordine lanciato da Alfano qualche giorno fa di “serrare i bulloni”. Cosa abbia significato questo vero e proprio atto di indirizzo del Viminale lo provano le fotografie riprese oggi che circolano in rete, di persone che già traumatizzate dalle violenze subite in patria e durante il viaggio, hanno trovato al loro arrivo in Italia altre percosse, al solo scopo di ottenere da loro, con la violenza, il rilascio delle impronte digitali.

La mutata destinazione del CIE di Milano a centro di accoglienza per richiedenti asilo se è da salutare come un successo, perchè significa la chiusura di uno dei peggiori centri di identificazione ed espulsione in Italia, potrebbe però corrispondere ad un progetto di trattenimento informale dei richiedenti asilo, come si è già verificato nei giorni scorsi nel CARA di Crotone, quando dopo le denunce degli abusi di polizia sugli ultimi arrivati dalla Siria, a tutti gli “ospiti” è stato impedito di uscire quotidianamente, dalle 8 alle 20, come invece facevano in passato. Si è voluto forse evitare che qualcuno testimoniasse sulle condizioni della struttura e sul trattamento subito dai siriani.

A Milano si sta pensando forse anche alla elevata probabilità che, dopo la fine dell’operazione Mos maiorum, una operazione congiunta di polizia che si sta svolgendo in molti paesi europei contemporaneamente, ci possa essere un forte aumento dei rinvii Dublino verso l’Italia. Il Cie Corelli di Milano, trasformato in centro di accoglienza, potrebbe essere il luogo migliore per “accogliere” queste persone e costringerle di fatto ad una segregazione informale, a tempo indeterminato, senza le pur deboli garanzie formali che ci possono essere nei centri di detenzione ( avvocati e comvalida giurisdizionale)

http://www.meltingpot.org/Milano-Il-CIE-di-via-Corelli-diventa-un-centro-di.html#.VD771kYcRsc

Questa è la ragione per cui le campagne, le commissioni di inchiesta e le visite parlamentari o di altre organizzazioni che difendono i diritti umani, che finora hanno chiesto di entrare nei CIE devono rivolgere le loro attività di indagine verso i centri di accoglienza, in molti dei quali, senza una particolare autorizzazione del ministero dell’interno, non è neppure possibile entrare, esattamente come succedeva, fino a qualche anno fa nei Centri di identificazione ed espulsione.

Ormai è possibile parlare di accoglienza/detenzione, come lo scorso anno si verificava anche a Lampedusa dopo la tragedia del 3 ottobre, su tutto il territorio nazionale, e sarà necessario rivolgersi agli organi della giustizia internazionale perchè l’Italia non adotti sistematicamente, magari con la scusa del prelievo delle impronte digitali, misure limitative della libertà personale, o peggio di respingimento, nei confronti di profughi e di veri e propri sfollati di guerra.

Fonte:
http://dirittiefrontiere.blogspot.it/2014/10/laccoglienza-diventa-detenzione.html

11 ottobre 2013 la strage rimossa 60 miglia a sud di Lampedusa, 11 ottobre 2014 in vista il ritiro delle missioni di salvataggio, Mos Maiorum e schedature violente dei profughi

sabato 11 ottobre 2014

Un anno fa, 60 miglia a sud di Lampedusa, una delle più grandi tragedie dell’immigrazione nel Mediterraneo, almeno 260 tra morti e dispersi, forse più, ma poche immagini, tanto lontano da terra e dalle telecamere. Nulla, rispetto alla diffusione mediatica della tragedia del 3 ottobre, davanti alla costa di Lampedusa. Dopo quelle due stragi, il governo Letta decise di avviare il 18 ottobre 2013 l’operazione militare-umanitaria Mare Nostrum, e per alcuni mesi, fino al maggio del 2014, le stragi in mare cessarono quasi del tutto.

Pochissime le immagini del naufragio dell’11 ottobre, molto mosse, ma conferma di come si è svolta l’azione di salvataggio.

http://qn.quotidiano.net/cronaca/2013/10/13/964941-immigrati-lampedusa-migranti-naufragio.shtml

http://espresso.repubblica.it/attualita/2013/11/11/news/ecco-la-mappa-che-conferma-le-accuse-1.140560

Subito un dubbio atroce, forse molte persone potevano salvarsi se le autorità maltesi ed italiane avesso risposto più rapidamente alle chiamate di soccorso. Un naufragio che è stato descritto anche nel docu-film “La scelta di Catia” andato in onda recentemente . Una ricostruzione che ha concesso la parola soltanto ai militari, senza che i naufraghi superstiti potessero fare sentire la loro voce.

http://video.corriere.it/mare-piu-morti-che-vivi-quinta-puntata/34dcac46-48c3-11e4-a045-76c292c97dcc

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/07/naufragio-lampedusa-le-autorita-italiane-non-risposero-alle-richieste-daiuto/769973/

Alcuni parenti, pochi mesi fa, su quella strage rimossa, hanno presentato un esposto alla Procura di Palermo. Neanche una interrogazione parlamentare ha fatto chiarezza su quanto realmente avvenuto l’11 ottobre del 2013, 60 miglia a sud di Lampedusa.

http://parlamento17.openpolis.it/atto/documento/id/22733

http://gatti.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/11/28/lampedusa-scaricabarile-sulla-strage/

http://gatti.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/10/30/i-bimbi-che-leuropa-ha-dato-in-pasto-ai-pesci/

http://espresso.repubblica.it/inchieste/2013/11/07/news/la-verita-sul-naufragio-di-lampedusa-quella-strage-si-poteva-evitare-1.140363

Anzi quell’11 ottobre le stragi furono due, ma del secondo naufragio, non rimane neppure uno spazio nella memoria. Verità e giustizia rimangono ancora lontani miraggi, malgrado le denunce dei parenti.

http://espresso.repubblica.it/attualita/2013/10/21/news/lampedusa-la-strage-senza-fine-c-e-un-altro-barcone-affondato-1.138324

In un anno sembra davvero cambiato tutto, gli scenari politici e militari in medio-oriente e nei paesi di transito del nordafrica, le rotte seguite dai migranti, sempre più pericolose, le modalità di “accoglienza” in Europa, con la progressiva chiusura dei canali di ingresso e una applicazione più rigida del Regolamento Dublino III. Anche il Regolamento frontiere Schengen n.562 del 2006 viene rimesso in discussione per controllare i movimenti dei migranti alle frontiere interne, e l’operazione congiunta di polizia “Mos Maiorum”, coordinata dal ministero dell’interno italiano, costituisce il sigillo della definitiva criminalizzazione di tutti coloro che sono costretti all’ingresso irregolare, anche se si tratta di profughi siriani, eritrei, somali o palestinesi. In molti centri di prima accoglienza, come a Crotone e a Otranto, ai varchi di frontiera, come Fiumicino aeroporto, tolleranza zero e pressioni fisiche o botte per ottenere le impronte digitali.
Ricevo da “Aiutiamo bambini siriani” ed inoltro, dovranno effettuarsi rigorose verifiche.

Questa una testimonianza di un siriano passato attraverso il posto di frontiera dell’aeroporto di Roma Fiumicino, arrestato con l’accusa di essere un trafficante, ma già in possesso di regolari documenti svedesi e quindi rilasciato. L’uomo è stato separato dalla moglie, una ragazza di 18 anni gravemente malata, che è stata poi respinta da sola verso la Turchia.

“Pensavamo di essere arrivati all’aeroporto di un paese arabo e non nella civile Europa” , “Quando l’aereo ha decollato da Istanbul abbiamo riso e ci siamo fatti dei selfie dalla felicità perché finalmente stavamo andando verso la salvezza”, “Non mi hanno fatto mangiare per 2 giorni e se volevo accendermi una sigaretta dovevo darne una anche al poliziotto che me la faceva accendere”, “Ho dormito in piedi perché non c’erano sedie e non si poteva stare sul pavimento”, “Hanno preso la valigia di mia moglie con tutte le cose nuove che una neo-sposa porta con sé”, “Ho visto che picchiavano una donna e pensavo fosse mia moglie e così ho cominciato a sbattere le testa contro il vetro urlando…” Queste sono le testimonianze di quello che è successo martedì a Fiumicino … queste sono le testimonianze di ESSERI UMANI!!!

Dopo le stragi non c’è più commozione, soltanto misure sempre più rigide per difendere le frontiere europee e la caccia al “nemico interno”, mentre si diffondono gli appelli lanciati da ISIS agli estremisti di tutto il mondo.

http://m.tiscali.it/articolo

http://gatti.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/10/11/da-lampedusa-a-mos-maiorum-dopo-il-nobel-mancato-arriva-il-buio/

Il disumano diventa quotidiano e le notizie delle più recenti stragi in mare, sempre più vicino alla costa libica, vengono relegate nelle ultime pagine di cronaca. Dopo le commemorazioni, appena il tempo di asciugare qualche lacrima d’occasione, e si impartiscono di nuovo ordini violenti per rilanciare la guerra interna ai migranti, offerti all’opinione pubblica come fattore primario di insicurezza. In attesa che qualche profezia di morte si avveri anche in territorio europeo e che le strumentalizzazioni sulla pelle dei migranti possano colmare il vuoto della politica.

http://www.giornalettismo.com/archives/1625169/lega-nord-rischio-isis-connesso-allimmigrazione/

Fonte:
http://dirittiefrontiere.blogspot.it/2014/10/11-ottobre-2013-la-strage-rimossa-60.html