Ricostruzione (ufficiale) e contesto in cui è maturato l’attacco terroristico di Dhaka

Dal blog di Bob Fabiani:

3 luglio 2016

Ora che le autorità locali del Bangladesh hanno spiegato come si sono svolti i fatti possiamo ricostruire l’attentato, le sue modalità passo dopo passo. Tuttavia, è importante capire bene il contesto in cui questo attentato terroristico, firmato, Daesh è maturato.
Per avere un quadro più preciso della situazione #AltraInformazione ha cercato – attraverso una breve inchiesta – di approfondire alcune situazioni che stanno caratterizzando la vita sociale del paese asiatico quelle in cui, maturano “certi brodi di coltura” che poi, possono favorire non solo e non soltanto il proselitismo ma, il reclutamento di Daesh qui in Bangladesh e, in genere tutta l’Asia. Sbaglierebbero coloro i quali, sull’onda emotiva della strage (per carità si deve avere pietà di quanti hanno trovato la morte ma, questa pietà, in realtà, la meritano tutti i caduti per mano dei terroristi … che siano in Bangladesh, Iraq, Siria e senza dimenticare l’Africa n.d.t), a “fare di tutto un erba un fascio” – per usare un modo di dire classico – perché, il terrorismo in Asia è molto diverso da quello di altre zone del mondo. Insomma, non si deve tentare un’analisi uniforme, quasi che ce ne fosse una “standard” che, si possa declinare e tirare fuori, a ogni tragedia e strage. I posti, i paesi, le storie non sono tutte uguali e, se, in qualche modo, si vuole davvero vincere questa drammatica sfida globale (nel senso che ormai, non passa giorno in cui il mondo non sia investito dal dramma di un’attacco terroristico che solo apparentemente ha la stessa matrice, nel marchio di fabbrica di Daesh) allora sarà bene riflettere attentamente e cambiare rotta il più in fretta possibile se, per esempio, non si vuole ancor di più alimentare il dramma delle migrazioni di milioni di migranti. 

– La ricostruzione dell’attacco jihadista a Dhaka

Procediamo dunque ricostruendo passo dopo passo ciò che è avvenuto a Dhaka, capitale del Bangladesh. 
Venti persone sono state uccise durante un attacco terroristico subito rivendicato da Daesh (IS) nella capitale del Bangladesh, Dhaka. 
Le vittime sono nove cittadini italiani, sette giapponesi, e tre bengladesi oltre, a una cittadina di nazionalità indiana. 
Appena l’allarme è avvertito dalle forze speciali queste, si organizzano per mettere a segno un blitz in cui riescono a liberare tredici persone. Il blitz va a segno dopo molte ore : e gli ostaggi sono rimasti in mano dei jihadisti per undici ore.

. La dinamica dell’attentato

Attorno alle 20 di venerdì 1 luglio (quattro ore meno in Italia) un commando di 7 uomini armati ha preso d’assalto l’Holey Artisan Bakery,  una panetteria che è anche un ristorante nel quartiere diplomatico della città.
Gli assalitori hanno fatto esplodere ordigni urlando “Allahu Akbar”, hanno confermato ambienti ai massimi livelli delle forze dell’ordine bengladesi che, poi sono state confermate anche in ambito governativo. Subito è seguita una sparatoria con la polizia e, qui, hanno perso la vita anche due agenti.
Il commando jihadista è riuscito a trincerarsi nel ristorante, con circa 30 ostaggi tra clienti e dipendenti. I terroristi hanno separato i cittadini bangladesi dagli stranieri e hanno portato questi ultimi al piano superiore del locale.
Alle 7,40, ora locale (le 3,40 in Italia) le forze speciali bangladesi hanno fatto irruzione nel ristorante con i carri armati e le armi pesanti. Durante la conferenza stampa le autorità militari hanno spiegato ai giornalisti locali e a quelli internazionali che, questa azione si è resa necessaria per aprirsi la strada e stanare i jihadisti all’interno del locale. La manovra è costata la vita a 6 assalitori mentre, uno è rimasto ferito e subito messo in stato di arresto.

. Le vittime

Le autorità locali insieme a quelle militari hanno poi reso noto ciò che hanno trovato una volta entrati all’interno del ristorante, al termine dell’irruzione. Qui, hanno confermato la liberazione di 13 ostaggi come effetto diretto del blitz mentre, spiegano i responsabili delle forze speciali, 20 persone erano già morti e, alcuni di questi, erano stati giustiziati a colpi di machete. Lo ha confermato l’ufficiale dell’esercito bangladese Naim Asraf Chowdhury : “le vittime sono state assalite brutalmente con armi affilate”.

– Le testimonianze dei superstiti

Secondo alcune testimonianze raccolte dal quotidiano locale Daily Star sono stati risparmiati coloro i quali sapevano recitare un versetto del Corano. Gli assalitori sono stati descritti dai testimoni come giovani tra i 20 e i 27 anni.

– La rivendicazione dei jihadisti

Circa 4 ore dopo l’assalto i jihadisti di Daesh hanno rivendicato l’attentato attraverso la loro agenzia-stampa Amaq. In seguito hanno pubblicato varie foto dall’interno del locale nelle quali si vedono corpi che giacciono in pozze di sangue.

– Il contesto della strage : Bangladesh, un paese tra ingiustizia sociale e violenza. 

Partiamo dalla fine (intesa come attualità di questi ultimi 365 giorni).
Nell’ultimo anno in Bangladesh i miliziani di Daesh hanno moltiplicato attacchi e omicidi che hanno colpito stranieri, rappresentanti delle minoranze religiose, blogger e intellettuali oltre che insegnati laici quindi, la prima cosa sulla quali riflettere è la seguente : la strage di venerdì 1 luglio non è un fatto isolato anzi, come vedremo, era facilmente intuibile.
Certo quello che balza subito agli occhi è che questo attentato segna un salto di qualità in quella che deve essere considerata una vera e propria “guerra interna” al famigerato mondo jihadista che vede contrapposti due schieramenti : da una parte Deash e, dall’altra Al Qaeda, molto attiva nel continente asiatico. La guerra ha come obiettivo finale la “leadership jihadista” e, l’offensiva – senza quartiere – messo in azione da Daesh mira a relegare in un angolo, assolutamente di retrovia, Al Qaeda. 
Tuttavia, tutto questo non basta a capire cosa sta accadendo in Bangladesh. C’è molto altro.
Il Bangladesh è uno di quei paesi in cui – anche se le autorità lo negano con forza praticamente ogni giorno – il jihadismo sembra aver attecchito da tempo. Ecco perché, purtroppo, quel che è accaduto all’Holey Artisan Bakery a Dhaka non costituisce una sorpresa.
Se da un lato, in altre parti del mondo il “radicalismo jihadista” può avere successo per colpa delle guerre occidentali qui, nel Bangladesh, non è questa la ragione. Qui, il “radicalismo” fa proseliti per via della violenza sociale. 
Il governo del paese non fa nulla per estirpare questa violenza anzi, l’alimenta ad arte.
In che modo?
Da molto tempo, nel Bangladesh la violenza sociale si rinnova attraverso un sistematico sfruttamento manifatturiero delle multinazionali che, al pari delle reiterate lotte politiche interne creano un drammatico terreno di disperazione. E’ qui, che le formazioni criminali riescono a fare proseliti, con un successo sempre maggiore.
Il governo in questo contesto invece di favorire le attività dei sindacati e le organizzazioni che lottano per i diritti civili nega l’esistenza del problema e, anzi, sistematicamente usa il pugno duro per colpire in questa direzione come e più di un regime autoritario e dittatoriale. 
Così si alimenta e si presta il fianco all’espandersi della povertà che insieme alla devastazione sociale condanna milioni di persone non solo e non soltanto alla miseria ma contribuendo, a spingerli tra le braccia di Daesh oppure di Al Qaeda a loro volta, come abbiamo visto impegnati a giocarsi una grande fetta del cosiddetto “mercato jihadista”. 
Il Bangladesh è il paese dove regna l’ingiustizia dove i salari sono minimi e sostanzialmente, il paese asiatico, è un posto dove non vengono rispettati i diritti civili e dove, i diritti dei lavoratori non esistono (e il governo non se ne cura). Del resto è qui che è accaduta la più grande tragedia sul luogo di lavoro che, per numeri e drammi è stata molto più grande dell’orrenda starge del 1 luglio anche se, quest’ultima, sul mondo avrà un impatto diverso con le vittime occidentali di mezzo. Ma al di là di queste considerazioni, laddove si tenta di individuare il contesto della strage di Dhaka allora, non è possibile non menzionare l’amara storia del Rana Plaza sempre a Dhaka. 

L’orrenda strage sul lavoro del Rana Plaza

Bangladesh, Dhaka, Rana Plaza è il 24 aprile del 2013 quando un edificio commerciale di otto piani – edificio figlio evidentemente di abusi speculativi locali – crolla pesantemente su stesso e si sbriciola rapidamente. Siamo a Savar, un sub-distretto della capitale. Il bilancio della tragedia è gravissimo e i soccorsi termineranno solo un mese dopo : era il 13 maggio 2013. 
Il bilancio è il seguente : mille vittime e oltre duemila feriti, alcuni dei quali rimarranno menomati a vita e quindi per sempre inabili al lavoro. 
E’ considerato – a ragione – il più grave incidente mortale avvenuto in una fabbrica tessile di cui il Bangladesh è famoso nel mondo tanto che, qui, fanno a gara, tutte (nessuna esclusa!) le multinazionali del settore arrivati qui, per seguire uno dei “mantra felici” del “capitalismo d’assalto” ossia, delocalizzare per abbattere i costi facendolo possibilmente in paesi dove, i sindacati sono deboli o inesistenti e, dove i lavoratori non devono troppo alzare la voce in tema di diritti : e il Bangladesh questi requisiti li ha tutti e, come si vede benissimo dall’ultimo anno sono anche i diretti responsabili della pentola che sta per scoppiare se non lo ha già fatto.
La drammatica tragedia del Rana Plaza ha avuto il merito di scoperchiare il tema della sicurezza (assolutamente inesistente) insieme a quello dei diritti e, sopratutto (e scandalosamente) dei risarcimenti che non arrivano.
Sono tutti coinvolti : marchi europei, americani e italiani. 
Al Rana Plaza avevano i loro laboratori piccole fabbrichette locali che lavoravano con e per conto di grandi marchio internazionali : erano loro a fare il lavoro sporco e gli altri si appropriavano dei guadagni. Se non ci fossero state campagne internazionali di attenzione questa storia si sarebbe dimenticata in fretta.
Al lettore virtuale di queste pagine, non deve sembrare che io sia uscito fuori-tema perché, in realtà questa drammatica storia tragica è molto più legata (e quindi da mettere in relazione) alla strage accaduta due giorni fa. Se si riannodano i fili degli eventi allora si capisce perfettamente di quale porta sia l’ingiustizia che si abbatte sui i cittadini di questo paese asiatico e, da ultimo si possono anche comprendere meglio tutti gli assassini mirati che sono stati commessi contro blogger, attivisti, intellettuali e, da ultimo anche contro insegnanti laici. 
E’ attraverso questa drammatica violenza sociale il terreno fertile dal quale si può preparare il brodo di coltura che serve a Daesh e ai jihadisti di Al Qaeda, un terreno perfetto per sviluppare l’odio contro tutto e tutti.
(Fonte.:thedailystar;internazionale;ilmanifesto)
Bob Fabiani
Link
-www.thedailystar.net/city/those-who-cited-quran-verse-were-spared;
-www.internazionale.it/notizie;
-www.ilmanifesto.info 

Fonte:
http://bobfabiani.blogspot.it/2016/07/ricostruzione-ufficiale-e-contesto-in.html

Burkina Faso, Al Qaida attacca Ouagadougou: 29 morti tra cui un bimbo italiano

La moglie ucraina e il figlio di 9 anni del proprietario italiano del Cappuccino Café di Ouagadougou sono morti. Lo ha annunciato il ministero degli Esteri di Kiev, precisando che tra le vittime figurano anche la madre e la sorella ucraine della moglie di Gaetano Santomenna. La Farnesina in precedenza aveva fatto sapere che tra le vittime ci sarebbe potuto essere il bambino, precisando tuttavia che verifiche erano in corso.

Intanto è salito a 29 il numero dei morti nell’attacco di venerdì sera a Ouagadougou, secondo un nuovo bilancio fornito dal governo del Burkina Faso, citato dai media locali. Nel Paese cominciano intanto oggi i tre giorni di lutto nazionale per le vittime della strage jihadista.

Il terrorismo jihadista ha colpito il Burkina Faso trasformando un hotel di lusso e un ristorante per stranieri in un inferno di morte, piombo e fiamme che hanno squarciato la notte nel centro della capitale Ouagadougou per oltre 12 ore. L’azione, rivendicata da Al Qaida per il Maghreb Islamico (Aqmi), si è conclusa quando l’Hotel Splendid e il vicino hotel Yibi sono stati “liberati” dalle forze speciali francesi e locali: a fronte di 126 persone – fra cui un ministro burkinabè – portate in salvo, 33 delle quali ferite, i quattro terroristi, fra i quali due donne, si sono lasciati dietro un bilancio di 29 persone trucidate di almeno 18 nazionalità (almeno due delle quali francesi, secondo Parigi, una americana e sei canadesi secondo il premier Justin Trudeau) prima di venire abbattuti uno ad uno.

L’ultimo dei terroristi, che si era asserragliato allo Yibi, è stato ucciso dai militari francesi a mattinata inoltrata. Ed è stata proprio la massiccia presenza militare francese nel Sahel a indirizzare la mano dell’Aqmi: “Una vendetta contro la Francia e i miscredenti occidentali”, ha dichiarato il ramo nordafricano di Al Qaida, captato dal Site, che ha precisato che l’assalto è stato compiuto da “combattenti del battaglione Morabitoun” (le Sentinelle) facente capo a Moktar Belmoktar, già autore dell’assalto all’impianto del gas in Algeria e lo stesso che a novembre, in un’impresa simile pochi giorni dopo l’azione dell’Isis a Parigi, compì un analogo massacro all’hotel Radisson Blu di Bamako, nel vicino Mali: bilancio 20 morti.

Mattarella, terroristi distruggono senso umanità – “La mano violenta dei terroristi non si ferma nemmeno di fronte a un bambino di nove anni”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “L’esecrabile attentato compiuto in Burkina Faso, nel quale è rimasto ucciso il piccolo Michel Santomenna, dimostra, una volta di più – osserva Mattarella – che l’obiettivo del terrorismo fondamentalista è distruggere ogni regola di civiltà e il senso stesso di umanità. L’Italia perde un suo bambino e si stringe attorno al padre Gaetano Santomenna”

Renzi, dolore per bimbo ucciso da odio – “Da padre, prima ancora che da premier, non ci sono parole per dire il dolore e il cordoglio di tutta l’Italia per questa morte, quella di una giovane vita recisa dall’odio”. Lo dichiara il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Secondo quanto di apprende, il premier ha sentito al telefono Gaetano Santomenna, il padre del piccolo Michel ucciso assieme alla madre in Burkina Faso in un attacco terroristico.

Burkina Faso: Gentiloni, bimbo ucciso crimine orrendo  – “Anche Michel, bambino italiano di nove anni, tra le vittime dei terroristi in #BurkinaFaso. Crimine orrendo. Italia vicina al padre Gaetano”. Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.

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Fonte:

Le cose importanti da sapere sul Mali

(Foto su http://www.rainews.it/ )

 

20 novembre 2015

Ci sono alcune cose importanti da sapere, grande paese dell’Africa occidentale nel mirino dei jihadisti.

Nel gennaio 2013, la Francia ha inviato truppe in Mali per la lotta contro gli islamisti radicali, che avevano catturato vaste aree di territorio nel nord del Paese. Una delle città occupate da al- Qaeda, legata agli islamisti, era l’antica città del deserto di Timbuctu, un centro storico di cultura islamica, 1.000 km a nord della capitale Bamako. La parola Timbuctu è spesso utilizzata nel mondo occidentale per indicare un luogo che è molto, molto lontano.

Tra il 1200 e il 1600, il Mali è stato il più grande impero in Africa occidentale. Fino al 14° secolo, arrivava da lì il 50% dell’oro circolante nel mondo. Rimane oggi il terzo produttore di oro in Africa. Il Mali è conosciuto per aver prodotto alcune delle stelle della musica africana, come Salif Keita, Ali Farka Touré e Toumani Diabate. Il suo famoso festival nel deserto è stato sospeso tre anni fa proprio per la minaccia del terrorismo islamico.

Fonte:

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Qui gli ultimi aggiornamenti sull’attentato in Mali dal sito dell’Ansa :

 

Giovanni Lo Porto ucciso da un drone americano in gennaio

PAKISTAN: SEQUESTRATO COOPERANTE ITALIANO NEL PUNJAB

LO COMUNICA IL DIPARTIMENTO DI STATO USA. IL COOPERANTE ITALIANO ERA OSTAGGIO DI AL QAEDA DAL 2012, È STATO VITTIMA DI UN’OPERAZIONE COMPIUTA IN GENNAIO. LA SUA VICENDA ERA STATA AVVOLTA DAL SILENZIO, VIOLATO SOLO DA ALCUNI APPELLI DI ONG. OBAMA: “DOLORE ENORME”

Tratto da Redattore Sociale

Giovanni Lo Porto è stato ucciso da un drone americano. Lo ha annunciato lo stesso Dipartimento di Stato statunitense. “È con grande dolore che dichiariamo che nella recente missione antiterrorismo conclusa in gennaio dal Dipartimento di Stato sono stati uccisi due innocenti, ostaggi nelle mani di Al Qaeda”, scrive la Casa Bianca nel comunicato ufficiale. Insieme all’operatore umanitario italiano, a perdere la vita nel raid anche Warren Weinstein, cooperante americano. Obiettivo del raid il terrorista di Al Qaeda di origini americane Adam Gadahn, ucciso nell’operazione insieme ad un altro obiettivo, Ahmed Farouq.

Giovanni Lo Porto era stato rapito il 19 gennaio 2012 a Multan in Pakistan, insieme al collega tedesco Bernd Muehelnbeck. Si trovava nel Paese per conto della ong tedesca Welthungerhilfe, per un progetto di ricostruzione delle case distrutte nel terremoto che ha colpito l’area nel 2010.

Anni di silenzio a seguito del rapimento, smossi solo dagli appelli delle ong che erano arrivate a raccogliere una petizione con 48 mila firme on line.
“Sono qui per esprimere il dolore e le mie condoglianze alle famiglie di due cooperanti, uno americano Warren Weinstein e l’altro italiano, Giovanni Lo Porto che sono tragicamente rimasti uccisi in un’operazione antiterrorismo statunitense”, ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti Barack Obama durante la conferenza stampa con la quale ha dato notizia dell’uccisione dei due cooperanti. Obama si prende “la piena responsabilità” per il tragico incidente che ha portato alla morte dei due cooperanti.

L’operazione è stata condotta dalla Cia, i servizi segreti americani. Weinstein è stato rapito nel 2011 e Obama ha detto “di aver fatto tutto il possibile per trovarlo e riportarlo a casa in sicurezza dalla sua famiglia”. “Abbiamo lavorato a stretto contatto con i nostri alleati italiani nello sforzo di salvare Giovanni, che è stato rapito nel 2012″.

Dal 2009, ha detto Obama, lo sforzo della presidenza americana è quello di garantire la sicurezza ai cittadini negli Stati Uniti e in tutto il mondo. Proprio per questo la morte dei due cooperanti “ci provoca un dolore enorme”, afferma il presidente americano. “Ieri ho parlato con la moglie di Warren e con il primo ministro Renzi in Italia – il presidente sospira un secondo –. Come marito e come padre non posso immaginare l’ansia che la famiglia Weinstein e la famiglia Lo Porto hanno dovuto sopportare. Mi rendo conto che non ci sono parole che possano compensare le loro perdite”. Weinstein, ebreo, 72 anni, padre e nonno, si trovava nella regione di confine tra Afghanistan e Pakistan con J.E. Austin Associates, ong contractor dell’agenzia di cooperazione americana Usaid. “Non sapevamo che in quel compound, tragicamente, Al Qaeda tenesse nascosti Giovanni e Warren. Gli errori, a volte mortali, ogni tanto accadono”, continua Obama.

Il presidente ha poi ricordato il lavoro di Lo Porto, cominciato in Repubblica Centrafricana ad Haiti fino al Pakistan, dove ha perso la vita, a 39 anni. “Il lavoro di Giovanni riflette l’impegno degli italiani nel mondo”, ha proseguito Obama. Da quanto risulta dalle prime dichiarazioni della Casa Bianca, l’operazione si è svolta in gennaio ma la notizia è stata fino ad oggi top secret per permettere lo svolgimento di un’indagine interna che spiegasse i motivi che hanno portato alla tragica morte di due cooperanti. I punti di domanda ci sono ancora. Pare che l’operazione che ha portato al raid sul compound dove si trovavano i due cooperanti abbia portato all’uccisione di Ahmed Farouq, terrorista di Al Qaeda con passaporto americano. L’altro obiettivo del bombardamento, Adam Gadhan, sarebbe stato ucciso in un’altra missione.

Come ricorda il Washington Post, non è la prima volta che l’amministrazione Obama incappa in “errori mortali”, come li ha definiti Obama. A dicembre 2014, toccò questa sorte a Luke Somers, americano nelle mani di Al Qaeda nello Yemen, ucciso durante la missione per tentare di salvarlo dalle mani dei rapitori.