SIRIA: LE BOMBE DI OBAMA E QUELLE DI ASSAD

(di Lorenzo Trombetta*, Pagina99“Guarda guarda! Tua moglie ti tradisce nel bosco!”, grida un signore al suo amico. E l’amico: “Non è un bosco, sono solo pochi alberi!”. Con questa freddura, che mostra come l’amico tradito sposti l’attenzione dal tradimento a un dettaglio del racconto, molti siriani hanno deriso stamani l’atteggiamento assunto dal regime del presidente Bashar al Assad di fronte ai raid aerei della coalizione straniera guidata dagli Stati Uniti, e di fronte all’abbattimento da parte di Israele di un caccia siriano sulle Alture occupate del Golan. “Mentre la nostra sovranità nazionale viene violata in modo flagrante, il regime mette le mani avanti, parlando di coordinamento con gli americani e dicendo di esser stato informato dei bombardamenti”, scrive Nizar Mrad.

Per oltre tre anni, Damasco e i suoi alleati regionali e internazionali, hanno usato l’argomento della “sovranità nazionale” per mostrarsi vittime di un “complotto” ordito dai Paesi del Golfo, in primis dall’Arabia Saudita, e dall’Occidente. Adesso, sottolineano in molti in Siria, l’Occidente e i Paesi del Golfo attaccano regioni della Siria con la benedizione, di fatto, sia del regime di Assad sia dei suoi sponsor esterni. E per cercare di nascondere questa contraddizione ribadiscono che gli Usa hanno informato preventivamente Damasco e che esiste “coordinamento” in nome della “lotta al terrorismo”.

“Scusate, ma non capisco qual è la differenza tra ‘aggressione’ e ‘coordinamento’”, si domanda ironico Anas Muslim, dalla regione nord-occidentale di Idlib. “E’ meglio telefonare al ministero degli esteri siriano”, aggiunge in riferimento a linguaggio usato nei comunicati provenienti dal dicastero del regime.

Il responsabile della diplomazia siriana, Walid al Muallim, aveva a fine agosto ribadito il mantra di Damasco: ci uniremo a chiunque ci aiuti a sconfiggere il terrorismo. Dal 2011, il regime indica come “terroristi” chiunque osi mettere in discussione l’autorità della famiglia Assad, al potere da quasi mezzo secolo. Proprio oggi, il raìs ha ripetuto il concetto: “Da anni, la Siria combatte una guerra lanciata dal terrorismo in ogni sua forma… ci uniamo agli sforzi internazionali per combattere il terrorismo”.

Yusuf Musa è un altro siriano comune che si è espresso oggi sui social network. “In che mondo viviamo?”, si è domandato con disperazione. “Il regime terroristico di Assad chiede di partecipare alla coalizione che colpisce il terrorismo nel suo stesso Paese…”.

Perché alcuni siriani definiscono “terrorista” il regime siriano? Michel Shammas, noto avvocato per i diritti umani a Damasco, risponde con un esempio fresco di cronaca odierna e relativo agli incessanti bombardamenti dell’aviazione di Assad su quartieri e sobborghi della capitale: “Oggi è il giorno del terrore. Aerei si accaniscono con missili e mitragliatori dai cieli di Dweila [quartiere a sud di Damasco]. Mia figlia, terrorizzata, è sbiancata… pensava che la casa fosse stata colpita!”.

La repressione poliziesca e militare del regime siriano contro la rivolta prosegue senza sosta dal marzo 2011. Dopo le proteste pacifiche dei primi mesi, la sollevazione si è armata e, nel corso del 2012 e del 2013 si è radicalizzata in senso islamico. Per gli Assad è stato dunque assai più facile legittimare l’uso della forza contro le roccaforti della rivolta affermando che si tratta di “combattere il terrorismo” e “l’estremismo takfira”. In questo quadro, l’aviazione e l’artiglieria lealiste continuano incessantemente a bombardare i sobborghi di Damasco e altre zone dominate dall’insurrezione armata. La novità è che questi attacchi avvengono ora in contemporanea con i raid della coalizione arabo-sunnita filo-Usa.

A tal proposito, Ghassan Yassin, ricorda che “venticinque raid del regime si sono abbattuti sul Qalamun [a nord di Damasco], mentre la coalizione internazionale bombarda il nord della Siria. E’ proprio una guerra contro il popolo siriano… una guerra contro la sua rivoluzione!”. I raid aerei della coalizione non si sono abbattuti solo su postazioni jihadiste nelle regioni del nord e del nord-est ma anche contro basi dell’ala qaidista siriana, la Jabhat an Nusra, nella regione di Idlib.

Ma la Nusra, a differenza dello Stato islamico, combatte apertamente contro le forze lealiste e da mesi è in aperto contrasto con il fronte jihadista. Per questo, è da molti siriani percepita come una componente della ribellione armata anti-Assad. E il fatto che gli Stati Uniti stiano colpendo la Nusra è per molti una prova dell’intesa sottobanco tra Washington e Damasco. “Decine di raid su Idlib… gli Usa offrono copertura aerea ad Assad”, scrive Abdel Qader da Idlib, dove oltre dieci civili sono morti nei raid della coalizione straniera. Gli fa eco Obada da Homs: “E’ cominciata la campagna crociata per salvare Assad!”.

In pochi però a Idlib si rendono conto che quella che loro descrivono come una “campagna crociata” è in realtà lanciata in modo massiccio dai Paesi del Golfo, nominalmente musulmano-sunniti. Ecco perché altri siriani comuni hanno accusato direttamente le monarchie del Golfo che, assieme alla Giordania, partecipano ai bombardamenti in Siria. Tra queste spiccano l’Arabia Saudita e il Qatar, rivali degli Assad e sostenitori, almeno a parole, della rivolta siriana. “Perché prendersela con gli Stati Uniti? Pensano solo ai loro interessi… dovremmo guardare invece agli Stati della coalizione: l’Arabia Saudita, il Qatar, gli Emirati, il Bahrain, la Giordania”, scrive Muhammad Hammud. “Solo a Idlib venti civili… con esplosioni che rimbombano in ogni angolo della Siria…Un massacro così nemmeno Assad era riuscito a compierlo! Che gli arabi siano maledetti! E che si fottano l’Arabia Saudita, il Qatar e chiunque partecipa all’attacco. Fanculo tutto e tutti!”.

Più pacata l’osservazione di Muhiy ad Din Isso, attivista del movimento pacifico di protesta: “Per me non c’è differenza tra il regime di Assad, lo Stato islamico, la Jabhat Nusra e tutte le altre fazioni estremiste che tagliano la testa e contribuiscono a far sbranare i siriani. Un terzo degli abitanti siriani è in fuga a causa del terrorismo di due Stati, lo Stato di Assad e lo Stato islamico. Per me la patria non è cumulo di macerie. Ma libertà, dignità e cittadinanza”. Qualcuno, dunque, non dimentica gli slogan della sollevazione popolare del 2011. (Pagina99, 24 settembre 2014)

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*Zanzuna (pseudonimo) ha contribuito a questo articolo raccogliendo diverse testimonianze.

Citato in http://www.sirialibano.com/siria-2/non-bosco-pochi-alberi.html

Leggi anche quest’altro articolo sempre di Lorenzo Trombetta:

http://www.sirialibano.com/siria-2/siria-bombe-nuove-bombe-vecchie.html