Peshawar, strage di studenti

Pakistan. Commando di islamisti fa irruzione nella scuola militare di Peshawar. È il peggior attacco terroristico della storia pachistana: oltre 140 i morti, quasi tutti ragazzi. Tehrek-e-Taliban Pakistan (una sigla nata nel 2007) rivendica il massacro

Mamme in lacrime a Peshawar

Comin­cia nella tarda mat­ti­nata di un giorno di scuola appa­ren­te­mente nor­male il peg­gior attacco ter­ro­ri­stico della sto­ria del Paki­stan. Un attacco che pro­duce un bilan­cio di oltre 140 morti, in stra­grande mag­gio­ranza stu­denti. Maschi e fem­mine uccisi in una gior­nata con­vulsa che richiede almeno quat­tro ore per con­fi­nare i guer­ri­glieri isla­mi­sti del Tehreek-e-Taleban Paki­stan in una zona delle scuola dove sgo­mi­narli e ucci­derli.
Suc­cede a Pesha­war, la capi­tale della pro­vin­cia nor­doc­ci­den­tale — al con­fine con l’Afghanistan — nel col­lege mili­tare di War­sak Road che fa parte di una rete di 146 scuole che fanno capo all’esercito: liceo e secon­da­ria fre­quen­tate da quasi 500 ragazzi tra i 10 e i 18 anni d’età. Un mas­sa­cro pre­me­di­tato e senza alcun senso se non per il fatto che il col­lege è una scuola mili­tare. Una scuola con alunni che in mag­gio­ranza sono minorenni.

La furia omi­cida del com­mando — com­po­sto tra sei e dieci per­sone — si abbatte subito su inse­gnanti e ragazzi, gio­vani e gio­va­nis­simi stu­denti che l’istituto indi­rizza alla car­riera mili­tare. È giorno d’esami ma c’è anche in pro­gramma una festa che diventa pre­sto il peg­gior incubo quando irrompe il com­mando entrato da una porta late­rale: spa­rano all’impazzata non si capi­sce ancora come e con che logica. Hanno avuto solo un ordine dai loro capi, come pre­cisa la riven­di­ca­zione: spa­rare agli «adulti» e rispar­miare i «pic­coli». Mis­sione impos­si­bile in un para­pi­glia di cen­ti­naia di stu­denti e decine di inse­gnanti ostag­gio — oltre che delle armi — del ter­rore, il via­tico dell’ennesima cam­pa­gna dei tale­bani pachi­stani per spro­fon­dare le città e la gente nella paura. Gran parte dei più pic­coli, sostiene Al Jazeera, rie­sce a scap­pare alla spic­cio­lata. I più grandi sono meno for­tu­nati.
La dina­mica è per ora ancora fram­men­tata (la rico­stru­zione ora per ora sul sito del quo­ti­diano The Dawn) e non è chiaro né evi­dente come i guer­ri­glieri, tra­ve­stiti da mili­tari, abbiano orga­niz­zato la strage. Ma è chiaro che strage doveva essere: ven­detta per la mis­sione mili­tare Zarb-e-Azb del governo che da alcuni mesi mar­tella il Wazi­ri­stan, agen­zia tri­bale rifu­gio per tale­bani e sodali stranieri.

La riven­di­ca­zione del Ttp arriva poco dopo l’ingresso del com­mando e spiega che il tar­get sono pro­prio i più anziani, stu­denti com­presi. Non dun­que ostaggi da trat­te­nere per nego­ziare qual­cosa, ma obiet­tivi della vendetta.

I parenti dei ragazzi ini­ziano ad arri­vare fuori dalla scuola che è vicino a una caserma; le sirene delle ambu­lanze sono la cor­nice dello sce­na­rio più sini­stro che Pesha­war abbia mai visto.

Il primo mini­stro Nawaz Sha­rif, che defi­ni­sce l’attacco una «tra­ge­dia nazio­nale» — decre­terà poi tre giorni di lutto nazio­nale -, vola a Pesha­war dove con­verge anche il capo dell’esercito Raheel Sha­rif: i suoi sol­dati intanto stanno cer­cando di libe­rare la scuola aula per aula, men­tre il com­mando si va asser­ra­gliando nell’area ammi­ni­stra­tiva dell’edificio.

Si trova comun­que il tempo anche per la pole­mica poli­tica: Nawaz è ai ferri corti con Imran Khan, cri­ti­cis­simo capo del par­tito al potere nella pro­vin­cia del Khy­ber Pakh­tun­khwa. Ora la falla nella sicu­rezza mette in dif­fi­coltà anche il con­te­sta­tore. Tutti, com­presi i par­titi isla­mi­sti (legali), pren­dono le distanze dall’attacco e così i diversi respon­sa­bili poli­tici e reli­giosi. Il mondo guarda allibito.

Alle tre del pome­rig­gio la situa­zione comin­cia a essere sotto con­trollo: fonti rife­ri­scono che alcuni mili­ziani avreb­bero ten­tato la fuga rasan­dosi la barba. Ma le voci cor­rono incon­trol­late: il com­mando è ancora den­tro. Qual­cuno si è fatto già esplo­dere, altri tirano gra­nate, spa­rano con mitra­glie di ultima gene­ra­zione. Alle 15 e 35 radio Paki­stan lan­cia il primo duro bilan­cio dei morti: 126, un numero inim­ma­gi­na­bile solo qual­che ora prima. E desti­nato a cre­scere. È in quel momento che i mili­tari pachi­stani rie­scono intanto a rag­giun­gere il loro obiet­tivo e pochi minuti prima delle 16 fanno sapere che il com­mando è ormai con­fi­nato in un’area pre­cisa dell’enorme scuola militare.

Poco più tardi il mini­stro dell’Informazione della pro­vin­cia Mush­taq Ghani dice all’agenzia Afp che il bilan­cio è di 130 morti. Sono già 131 qual­che minuto dopo. Poi sal­gono a 140 e così avanti.

I mili­tanti del Ttp non pos­sono par­lare. Tutti morti. Non potranno spie­gare quale delle tante fazioni dell’ex ombrello jiha­di­sta — divi­sosi nel corso del 2014 in quasi una decina di rivoli — ha deciso la strage.

Muham­mad Kho­ra­sani, l’uomo che per primo riven­dica, non è un nome noto della galas­sia col cap­pello tale­bano. Il gruppo, che dal 2010 figura nella lista dei most wan­ted inter­na­zio­nali, ha man­te­nuto una certa unità sino alla morte nel 2009 di Bei­tul­lah Meshud — il fon­da­tore del Ttp con Wali-ur-Rehman (anche lui ucciso nel 2013) — e ancora sotto la guida di Haki­mul­lah Meshud, assas­si­nato da un drone alla fine del 2013. Da allora il gruppo si è diviso su que­stioni ideo­lo­gi­che e dia­tribe tri­bali (una parte per esem­pio ha ade­rito al pro­getto di Al Bagh­dadi, una fazione ha con­te­stato la lea­der­ship dei Meshud).

Quel che è certo è che la deriva stra­gi­sta nei con­fronti dei civili, già uti­liz­zata senza pro­blemi dal Ttp (a dif­fe­renza della mag­gior parte dei cugini afgani), ha preso velocità.

Il Ttp non è nuovo a bombe nei bazar e nelle moschee ma non era mai giunto a tanto. Un ten­ta­tivo nego­ziale con il governo alcuni mesi fa è fal­lito e a giu­gno l’esercito ha ini­ziato a ripu­lire il Nord Wazi­ri­stan con l’operativo Zarb-e Azb, tut­tora in corso, col­pendo i rifugi della guer­ri­glia pachi­stana e stra­niera dal cielo e da terra con 30mila uomini.

 

 

Fonte:

http://ilmanifesto.info/peshawar-strage-di-studenti/