Ecco la testimonianza di un detenuto uscito venerdì dal carcere di Santa Maria Capua Vetere. Intanto a Bologna aumentano i contagi.

 CARCERE  13 Apr 2020 21:00

«Detenuti picchiati in carcere da 300 agenti a volto coperto»

A scatenare la violenza nel carcere di Santa Maria Capua Vetere sarebbe stata la protesta pacifica dei reclusi per i contagi da coronavirus, come confermato dal sindacato di polizia penitenziaria

L’ultima telefonata l’aveva ricevuta nella tarda mattinata del 6 aprile scorso, poi più nulla. Solo dopo alcuni giorni, la moglie di un altro detenuto l’aveva avvisata che suo marito non avrebbe effettuato nessuna chiamata perché non era in condizioni fisiche a causa delle numerose percosse subite. Ma non è un caso isolato. A seguito di una protesta avvenuta al carcere campano di Santa Maria Capua Vetere, ci sarebbero stati presunti pestaggi perpetrati nei confronti dei detenuti e, secondo alcune testimonianze, ne avrebbero fatto le spese anche coloro che non sarebbero stati parte attiva della protesta. Da ricordare che tale protesta (secondo i detenuti sarebbe consistita nelle battiture) è scaturita dalla circostanza che alcuni detenuti erano risultati positivi al covid 19. Ma non solo. La preoccupazione era rivolta al fatto che risultavano assenti le dotazioni di sicurezza anti contagio.

 

Alcune delle ferite riportate da un detenuto di Santa Maria Capua Vetere dopo il pestaggio

 

La prima denuncia presentata alla stazione dei carabinieri è stata fatta proprio dalla donna che non ha potuto più sentire telefonicamente suo marito. Alla querela ha allegato tre file audio WhatsApp dove diversi familiari denunciano presunte violenze subite dai detenuti ad opera del personale penitenziario del carcere. Diverse sono le testimonianze. La più emblematica consiste nel fatto che, in maniera singolare, il giorno dopo la rivolta e il presunto pestaggio, diversi detenuti non hanno avuto la possibilità di effettuare le videochiamate. Perché? Secondo i familiari sarebbero state evitate per non far vedere loro i segni delle presunte percosse. Diverse testimonianze coincidono perfettamente e ricostruiscono ciò che sarebbe avvenuto nella sezione coinvolta. Quasi trecento poliziotti a volto coperto e in tenuta antisommossa avrebbero fatto irruzione nel padiglione Nilo, sarebbero entrati nelle celle e avrebbero cominciato i pestaggi. Avrebbero picchiato chiunque, anche chi non ha preso parte alle agitazioni del fine settimana. Tra di loro anche un detenuto che dopo pochi giorni ha finito di scontare la pena.

 

Altri segni del pestaggio

 

A raccogliere subito la sua testimonianza è Pietro Ioia, il garante delle persone private della libertà del comune di Napoli. Per corroborare la sua testimonianza ha reso pubbliche le sue foto che mostrano ecchimosi su tutto il corpo, addirittura alla sua schiena sembra che ci sia il segno di uno scarpone. L’uomo ha prima fatto denuncia alla stazione dei carabinieri, ma tramite l’avvocato oggi presenterà un esposto direttamente in Procura. L’ex detenuto che è uscito dal carcere venerdì scorso, raggiunto da Il Dubbio, ammette che hanno inscenato delle proteste per i contagi da coronavirus, ma poi sembrava che tutto fosse stato chiarito. Infatti dopo le proteste è giunto il magistrato di sorveglianza che ha parlato con tutti loro. Hanno potuto raccontare i fatti, smentendo le ricostruzioni trapelate da alcuni sindacati di polizia che parlavano di una violenta rivolta. Ma sarebbe stata la quiete dopo la tempesta.

«Nel pomeriggio circa 300 agenti in tenuta antisommossa hanno fatto irruzione nelle celle – racconta a Il Dubbio l’ex detenuto -, costringendoci ad uscire, dopo di che ci hanno denudati e colpiti a calci e manganellate». Ma non solo. «Per dimostrare la loro superiorità e durezza – racconta sempre l’ex detenuto – dopo le mazzate hanno preso i nostri rasoi dagli armadietti e ci hanno rasato la barba». L’uomo ha anche confermato che dopo i presunti pestaggi, erano state proibite di fare le videochiamate. Come se non bastasse – prosegue sempre l’ex detenuto – «gli agenti facevano la conta obbligandoci tutti a stare in piedi davanti alle brande e con le mani all’indietro, come se fossimo in una caserma».

Il garante regionale Samuele Ciambriello ha raccolto varie testimonianze, comprese quelle ottenute dall’associazione Antigone, e le ha portate all’attenzione non solo della Procura ma anche della magistratura di sorveglianza.

 

Fonte:

https://www.ildubbio.news/2020/04/13/detenuti-picchiati-carcere-da-300-agenti-volto-coperto/?fbclid=IwAR0dRIzTzCpthNKHCd1a-6dirNA3WxZ2nW1MT5m0VdhwdkDxRT-F3b51FJU


Ancora contagi in carcere: 10 nuovi casi a Bologna

Sono oltre duecento gli operatori della Polizia penitenziari affetti da Covid-19 su tutto il territorio nazionale

Aumentano casi Covid 19 nel carcere bolognese de la Dozza.  Oggi pomeriggio è pervenuto l’esito dei tamponi, a cui erano stati sottoposti una ventina di detenuti, con esito positivo per dieci di loro.

«Il dato assoluto è di per sé molto preoccupante, ma ciò che più allarma è la media di circa il 50% di positivi sugli ultimi tamponi effettuati», denuncia  Gennarino De Fazio, per la Uilpa Polizia Penitenziaria nazionale che ha reso pubblica la notizia del dato relativo alla Casa Circondariale di Bologna.

«Dal carcere di Bologna proveniva il primo detenuto deceduto per Covid – ha aggiunto – e sono attualmente almeno dodici i ristretti ivi affetti da coronavirus, mentre altri ancora sono risultati positivi dopo essere stati trasferiti presso altri istituti. Non sappiamo se le proteste che hanno interessato il penitenziario il 9 e il 10 marzo scorsi possano aver avuto incidenza su quanto sta avvenendo, tuttavia, considerato anche che è passato oltre un mese, a noi pure questo sembra indicativo della sostanziale inefficacia con cui l’emergenza sanitaria viene affrontata dal Ministero della Giustizia e dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria».

I focolai nelle carceri oramai non sembrano essere episodici, ma vengono registrati in differenti zone geografiche, da Bologna a Verona a Torino a Voghera, solo per citare alcuni istituti e non considerando i penitenziari dove il numero dei detenuti contagiati rimane relativamente contenuto. Il sindacalista della Uil pol pen sottolinea che sono ben oltre duecento, secondo le sue stime, gli operatori della Polizia penitenziari affetti da coronavirus su tutto il territorio nazionale.

Il carcere di Bologna ha visto un primo detenuto morto per coronavirus, già debilitato da numerose patologie e che si era visto – inizialmente – rigettare l’istanza per incompatibilità ambientale. Un carcere dove gli stessi agenti penitenziari hanno denunciato la mancata protezione individuale e si è scoperto che ci fu un ordine ben preciso – da parte dell’azienda sanitaria – per non indossare le mascherine per non spaventare i detenuti. Nel frattempo il leader sindacale De Fazio denuncia: «Continuiamo a pensare che sia indispensabile una svolta sistemica nella gestione carceraria e che questa non possa realizzarsi sotto l’attuale conduzione, per questo auspichiamo ancora che la responsabilità venga pro-tempore assunta direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri».

Fonte:

https://www.ildubbio.news/2020/04/13/ancora-contagi-carcere-10-nuovi-casi-bologna/