Dichiarazione del prigioniero Nikos Romanòs

nicosDurante l’intervista al giornale online «Hit & Run», Nikos Romanòs ha definito «teatro dell’assurdo» la vicenda della negazione dei permessi di studio, al contrario di quanto previsto dall’emendamento votato dopo il suo lungo sciopero della fame, uno sciopero della fame che ha profondamente scosso tutta la società.

Nikos Romanòs ha attribuito al governo Syriza pesanti responsabilità, parlando di «strategie da campagna elettorale» e di «sfruttamento politico senza scrupoli delle persone che fanno parte del multiforme movimento di solidarietà».

Ecco come riassume la sua vicenda da gennaio, cioè da quando Syriza è salito al governo:

«Ho superato un terzo degli esami, come stabilito dalla normativa specifica, e ho fatto domanda per il permesso. Da quel momento in poi è iniziato il teatro dell’assurdo. Il consiglio del carcere non ha ritenuto valida la richiesta perché non è stato emanato nessun decreto ministeriale e ha così rimandato la domanda al giudice di corte d’appello Eftikis Nikòpoulos, sulla base della legge precedente. Nikòpoulos ha dato una risposta negativa perché non è stato pubblicato il decreto ministeriale e non può entrare nel merito dei contenuti della richiesta dal momento che, qualora approvata, la normativa abrogherebbe la legge precedente. Sulla base della decisione di Nikòpoulos, il consiglio del carcere ha rigettato la domanda e, di conseguenza, l’obiezione alla richiesta è ufficiale».

Per quanto riguarda Syriza, Nikos Romanòs annota:

«Ha avuto il ruolo di assorbire le tensioni sociali, di costruire capitale politico partecipando dall’interno alle lotte sociali e presentandosi come il loro braccio istituzionale, ma funzionando come forza anti insurrezionale, perché ha spostato il terreno di scontro dalle strade al parlamento. In poche parole, ha impersonato nel modo migliore possibile il ruolo politico del riformismo a livello centrale».

Di seguito l’intervista a Nikos Romanòs:

Raccontaci in poche parole la vicenda dei permessi di studio che ti spettano di diritto, dopo la normativa approvata in seguito al tuo sciopero della fame del novembre/dicembre 2014.

E’ andata così: ho superato un terzo degli esami, come stabilito dalla normativa in questione, e ho fatto domanda per il permesso. Da quel momento in poi è iniziato il teatro dell’assurdo. Il consiglio del carcere non ha ritenuto valida la richiesta perché non è stato emanato nessun decreto ministeriale e ha così rimandato la domanda al giudice di corte d’appello Eftikis Nikòpoulos, sulla base della legge precedente. Nikòpoulos ha dato una risposta negativa perché non è stato pubblicato il decreto ministeriale e non può entrare nel merito dei contenuti della richiesta dal momento che, qualora approvata, la normativa abrogherebbe la legge precedente. Sulla base della decisione di Nikòpoulos, il consiglio del carcere ha rigettato la domanda e, di conseguenza, l’obiezione alla richiesta è ufficiale.

Di fronte a queste misure Syriza, che durante lo sciopero della fame ha fatto campagna elettorale e ha sfruttato politicamente senza farsi scrupoli le persone del multiforme movimento di solidarietà, ha fatto come Ponzio Pilato, proprio come i suoi predecessori. Certamente non c’è da stupirci, dal momento che parliamo di politici, quindi di camaleontici ruffiani approfittatori, politicanti, opportunisti e ipocriti di professione, che hanno semplicemente vestito per un po’ di tempo i panni dei filantropi per perseguire scopi politici precisi. Chiaramente ci sono dei motivi anche più seri, ma di questo ne parlerò eventualmente nella prossima risposta. Rispetto agli sviluppi del mio caso, teoricamente dovrebbe essere approvata dal parlamento la delibera perché la normativa venga applicata, ma non mi pare ci siano molte possibilità che ciò avvenga.

Ritieni che dietro alle “dilazioni” rispetto alla questione del braccialetto ci siano degli scopi politici o un qualche tipo di rivalsa nei tuoi confronti?

Credo che nel caso specifico non esista alcun dispositivo elettronico (braccialetto), dal momento che, indipendentemente da ciò che il ministero della giustizia avvalla, noi che siamo in carcere sappiamo che non esiste neppure un detenuto in Grecia che sia stato scarcerato in questo modo. Ogni giorno molti detenuti vengono a chiedermi informazioni rispetto a questa questione e tutti si chiedono per quale ragione nessuno di quelli che ne hanno fatto richiesta abbia ricevuto risposta dal tribunale. I detenuti comunicano tra loro nelle carceri e scambiano informazioni sulle questioni che li riguardano, e posso dire con la massima certezza che non esiste neppure un detenuto che abbia messo piede fuori dal carcere in questo modo. Chiaramente, dal momento che una notizia del genere potrebbe paventare lo spettro di uno scandalo, vista la pubblicità sul caso, il mostro apparentemente senza volto della burocrazia dà la soluzione a questo problema.

La burocrazia in realtà non è un mostro senza volto, al contrario, è l’alibi dei volti che detengono le posizioni di potere, per scaricare le responsabilità su qualcosa di potenzialmente più grosso di loro: un alleato invisibile che si nasconde dietro comitati di legislatori, consiglieri tecnici, pile di incartamenti, interpretazioni molteplici e false speranze. Quello che sto dicendo, cioè che non esiste alcun dispositivo elettronico e che il ministero della giustizia sta solo prendendo deliberatamente in giro i detenuti per non destare scandalo, è un fatto che non lascia spazio ad alcun dubbio e che non può essere smentito da nessuno, dal momento che non esiste nessun detenuto che sia stato scarcerato o che abbia ottenuto licenze in questo modo.

Anche se non è necessaria ulteriore riprova, porterò un esempio dal carcere di Korydallòs, di cui conosco personalmente la situazione. Alcuni detenuti che studiano in diversi TEI (istituti tecnici universitari, n.d.t.), in base alla nuova normativa, hanno fatto richiesta al consiglio del carcere per i permessi di studio, ora che è periodo di esami. Visto che nessuno degli studenti era sotto processo, il consiglio del carcere non poteva nascondersi dietro la decisione di qualche magistrato, e ha respinto le richieste con bugie davvero ridicole, ad esempio che non erano riusciti in tempo a contattare le segreterie delle facoltà, invitando gli studenti a tornare a settembre. Questo fatto sta a significare che il consiglio del carcere ha ricevuto disposizioni precise dal ministero della giustizia affinché silenziasse la questione e non venissero alla luce le reali motivazioni di questi maneggiamenti.

Come giudichi la posizione del nuovo governo Syriza?

Per cominciare dal principio: Syriza ha assunto la forma del nemico molto prima di diventare governo. Ha avuto il ruolo di assorbire le tensioni sociali, di costruire capitale politico partecipando dall’interno alle lotte sociali e presentandosi come il loro braccio istituzionale, ma funzionando come forza anti insurrezionale, perché ha spostato il terreno di scontro dalle strade al parlamento. In poche parole, ha impersonato nel modo migliore possibile il ruolo politico del riformismo a livello centrale. Lo stesso Tsipras, prima di diventare primo ministro, aveva dichiarato che se non ci fosse stata Syriza ci sarebbero stati molti più scontri e molte più insurrezioni in Grecia durante gli anni delle manifestazioni contro il governo. Questo significa che l’elaborazione di un’agenda politica di sinistra come opposizione era tra le altre cose una scelta politica strategica per mettere in salvo la pace sociale e per ridisegnare ex novo e su nuove basi le istituzioni sociali distrutte.

La democrazia nasconde molti assi nella manica per rimanere al passo coi tempi, e una delle frecce al suo arco è la velocità di ricambio dei ruoli sulla scena politica, nel rimescolare le carte, nell’assimilare le spinte radicali che potrebbero ritorcerglisi contro. Arrivando ad oggi, e dunque all’ascesa al potere di Syriza, ci sono dei cambamenti strutturali nella sua retorica e delle enormi contraddizioni interne. Ovviamente, nonostante tutte le contraddizioni, la realtà dei fatti è Syriza mantiene in funzione le carceri di tipo “Gamma”, che esistono ancora dal momento che fuori dalla prigione di Domokos (località che ospita il carcere di massima sicurezza, n.d.t.) ci sono ancora mezzi speciali della polizia e i bracci di isolamento ospitano ancora compagni. Syriza permette che i migranti vengano marchiati con dei numeri prima di essere sbattuti dentro ai “campi di concentramento”, che gli spazi occupati vengono sgombrati, che i compagni in sciopero della fame vengono torturati e che i familiari dei compagni delle CCF siano tenuti in ostaggio. Syriza inaugura Salamina come primo luogo di confino dell’era democratica e firma accordi commerciali con gli assassini dei palestinesi; Syriza metetrà in atto tutte le politiche neoliberiste contro cui lottava quand’era all’opposizione.

In poche parole, Syriza mantiene tutti gli impegni geopolitici, economici e militari di uno stato che appartiene alla periferia del capitalismo mentre, contemporaneamente, per gettare fumo negli occhi dei suoi elettori di sinistra mantiene attivo un gruppo variegato di personaggi pittoreschi che contribuiscono a mantenere in piedi una retorica di sinistra e che, quando arriva il momento della trasformazione politica, vengono esclusi dai giochi.

Osservando le cose dalla nostra prospettiva, il fatto che siamo anarchici significa che, anche se quello di Syriza fosse stato davvero un governo con una politica radicale di sinistra, ci saremmo trovati lo stesso dall’altra parte della barricata, senza alcuna intenzione di firmare armistizi con gli apprendisti stregoni dell’inganno e dello sfruttamento organizzato. Tra l’altro, in contraddizione con la cancrena neocomunista che sta infettando le cerchie anarchiche, noi abbiamo tagliato già da molto tempo il cordone ombelicale che lega l’anarchia alla sinistra.

Bisogna però essere precisi nelle nostre caratterizzazioni per essere in grado di elaborare la realtà che abbiamo davanti: quello di Syriza è un governo socialdemocratico che utilizza una falsa retorica di sinistra radicale e che usa il suo profilo politico di sinistra per costruire controllo politico e per influenzare i movimenti e le formazioni sovversive che potrebbero andargli contro. E non dimentichiamo che storicamente la rappresentanza politica del capitalismo dal volto socialista ha messo in atto le politiche economiche e repressive più dure, sfruttando il sonno pacifico e complice del “governo dei molti”. La cosa più fastidiosa nelle nostre cerchie è che ci sono diversi imbecilli che fanno gli anarchici che hanno la smania di invitare i membri di Syriza nei loro “centri sociali” e di discorrere insieme a loro di profonde questioni ideologiche, promuovendo un’immagine “ripulita” di Syriza, mentre, nel momento in cui stiamo parlando, è il partito che gestisce lo stato. Un concetto tristemente simile a quello di chi vuole raddrizzare i fascisti di Alba Dorata, come se il problema coi fascisti o con i gestori della macchia statale fosse quello di discutere in cosa siamo in disaccordo, e non di colpirli dovunque li becchiamo. Tutto questo sarebbe una bella conversazione filologica per quelli che credono nella democrazia e nei suoi ideali, dormendo sulle nuvolette rosa e sognando una società post-capitalista. Peccato che gli anarchici siano in guerra con la democrazia e i suoi rappresentanti. Di conseguenza, al punto in cui siamo arrivati, tutti coloro che si impegnano a risciacquare Syriza non hanno alcuna scusa.

Tra l’altro, non è passato molto tempo da quando Stavros Thodorakis ha dato credito ad alcuni di loro in una puntata del suo programma, per le credenziali di legalità che hanno dato allo stato già da molto tempo. Per tutto questo miscuglio di governi di opposizione, cripto-syrizei, falsi ideologi dell’anarchismo e compagnia cantante la soluzione è semplice: un albero robusto e una corda resistente. Noi restiamo al fianco di coloro che restano amici delle insurrezioni anarchiche e continuano a lanciare molotov agli sbirri a Exarchia, che scendono in corteo per vandalizzare le recite dell’egemonia, che armano i loro cervelli con piani sovversivi e le loro mani col fuoco per bruciare i paramenti del nuovo ordine esistente. Con tutti quelli che organizzano la loro azione all’interno delle reti informali dell’azione anarchica. Lì dove le intenzioni sovversive si uniscono orizzontalmente e atipicamente in un fronte caotico che passa per primo all’attacco, colpendo le persone e le strutture che amministrano e difendono il mondo malato che ci circonda.

Qual è secondo te il posto della violenza nel movimento anarchico?

Ci troviamo un’altra volta negli ultimi anni a una svolta critica del processo storico moderno. Il capitalismo greco in bancarotta continua a destabilizzare l’UE e l’economia globale. La realtà è che questa situazione continuerà a prescindere dai dirigenti politici. I confini della Grecia e dell’Italia, primi paesi che ricevono i flussi migratori provenienti da zone di guerra, sono intrisi del sangue dei migranti. Gli antagonismi tra le potenze si acuiscono e gli scontri di interesse geopolitico innescano focolai di disordini in molte parti del mondo. Per gli anarchici l’instabilità e l’acuirsi della violenza sistematica in tutto lo spettro delle relazioni sociali e di sfruttamento è una spinta a organizzarsi efficacemente per diventare un potente fattore di destabilizzazione, per un contrattacco anarchico contro il mondo del potere, gli economisti, i politici, gli sbirri, i fascisti, i giornalisti, gli scienziati, i funzionari statali, i direttori e i membri delle multinazionali, i funzionari giudiziari, i direttori delle prigioni-bordello, i banchieri e i loro collaboratori, i ruffiani e i servitori del potere. Contro tutte queste canaglie, il cuore della macchina capitalista che batte al ritmo della maggioranza della società, la quale per indifferenza e paura, o per connivenza, contribuisce a proteggere il cuore della bestia, l’anarchia risponde con la lingua della violenza, del fuoco, delle esplosioni, della lotta armata. Su questa base fondiamo le nostre strategie, decidendo di insorgere e gettarci nella lotta per la liberazione totale, in un’insurrezione che, oggi come oggi, si giocherà il tutto per tutto, libererà i rapporti umani all’interno delle comunità rivoluzionarie, organizzerà l’offensiva. Diventerà il veicolo per viaggiare sui sentieri della libertà non segnati sulla mappa, dando la possibilità di vivere senza ricevere o dare ordini, senza sottomettersi, senza strisciare, ma in una maniera autentica, che creerà una nuova realtà invertita all’interno delle metropoli capitaliste, un’epoca della paura per i potenti e i loro servi, l’alba della nostra epoca, ora e per sempre, fino alla fine. Di conseguenza la violenza rivoluzionaria nel movimento anarchico è l’Alfa e l’Omega, è la forza trainante per il salto di qualità di un nemico interno che provocherà incubi al potere e ai padroni.

Credi che per un detenuto politico il carcere possa costituire un terreno di scontro?

Prima di tutto dobbiamo abbattere questo mito, cioè l’ideale collettivo secondo cui il detenuto sia un soggetto rivoluzionario in potenza. I migranti, i detenuti, i lavoratori, gli studenti medi e universitari sono sottogruppi sociali che dipendono e a loro volta alimentano il funzionamento del mondo capitalista. Secondo me l’uomo libero compare lì dove vengono distrutte le identità sociali e vengono cancellate tutte le proprietà, al punto che la decisione individuale per la liberazione crea una nuova identità unica e separata. Il ribelle iconoclasta che attacca con tutti i mezzi i nemici della libertà. Per un anarchico che ha deciso di partecipare attivamente all’insurrezione anarchica, il carcere o addirittura la morte sono conseguenze possibili delle sue scelte, fatte nel mondo reale e non nella realtà digitale in cui i parolai e le fantasticherie sono consueti. Il carcere è una stazione temporanea per chi è stato colpito dalla repressione. È il luogo dove ognuno viene messo davvero alla prova, il punto determinante delle grandi decisioni e dei grandi cambiamenti interiori. È una struttura sociale marcia in cui regnano la sottomissione e la ruffianeria, è il regno oscuro del potere, un luogo di degradazione, in cui la libertà non solo viene imprigionata, ma per molti viene umiliata e trascinata tra eroina, disciplina e sporchi corridoi dove gli esseri umani imparano a odiarsi. Esistono migliaia di analisi sul carcere e sui detenuti, io dirò ciò che ha detto anche il guerrigliero di Action Direct Jean Marc Rouillan, cioè che i più adatti a parlare del carcere sono quelli che hanno passato una piccola parte della loro vita lì dentro.

Perché la verità è che più tempo passi qui dentro, più diventa complesso descrivere il funzionamento e la struttura di questa società davvero misera. In sintesi, carcere significa morte lenta, cannibalismo sociale, sopraffazione del più debole, abbandono, distruzione psicosomatica, eroina, psicofarmaci, esseri umani-spazzatura stipati in discariche statali, disciplina, gerarchia, fanatismo religioso, raggruppamenti etnici e divisioni razziste, nazionalismo di ogni tipo, confino, attesa, autodistruzione, vicolo cieco, soppressione delle emozioni, coercizione, immobilità totale, fissità. Non è esagerato dire che la società dei detenuti è il figlio bastardo della società capitalista, un meccanismo ben oliato di morte in cui si nasconde tutta la bruttezza del mondo contemporaneo. Questo non significa che in carcere non ci siano minoranze di persone che hanno la dignità come bussola e con cui puoi costruire rapporti amichevoli o politici. Tornando alla parte principale della domanda, credo che in questa prova non devi mai dimenticare il cammino verso il tuo obiettivo e la dedizione alla causa comune. Mai pentiti, mai a testa bassa, per sempre pericolosi per la cultura della schiavitù e della sottomissione. Per questo anche la lotta anarchica in carcere può trovare sbocchi e aprire strade per diventare pericolosa per il nemico. Con testi e analisi, con piccoli e grandi rifiuti quotidiani, con gli scioperi della fame, con la lima tra le mani, il filo dell’insurrezione anarchica continua a essere tessuto se nei nostri cuori continua a bruciare la fiamma della sovversione. In questo senso, il carcere è un terreno di scontro per promuovere la lotta sovversiva e l’anarchia.

Fonte: hitandrun.gr

Traduzione di AteneCalling.org