TERZO VALICO E AMIANTO

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07 agosto 2015

Ecco a voi l’amianto di Cravasco. Sempre più convinti che non ci sia nulla da stare tranquilli

Quello che si vede nelle foto allegate è lo smarino contenente amianto stoccato in cantiere a Cravasco. “Questa mattina sono stata io stessa in cantiere ad accertarmi della situazione in cantiere”, “Il geologo di cantiere ha riconosciuto le rocce verdi sul fronte di scavo, contenenti amianto, subito l’avanzamento si è fermato e il materiale immerso […]

 

Qui l’inchiesta sulle aziende che lavorano nei cantieri del Terzo Valico

http://www.notavterzovalico.info/wp-content/uploads/2014/05/Ecco-a-chi-porta-lavoro-il-Terzo-Valico.pdf

 

Per altre info visitare il sito http://www.notavterzovalico.info/

 

NO TAV E VENDETTA DI STATO: 140 ANNI DI CONDANNE

Dal sito http://www.notav.info/

 

 

Le condanne non ci fermano: bloccata l’autostrada

Le condanne non ci fermano: bloccata l’autostrada

Se qualcuno pensava di intimidire i notav ha sbagliato i calcoli. Non bastano 140 anni di condanna per toglierci la voglia e le ragioni per lottare. Questa sera in centinaia […]

No Tav e vendetta di stato: 140 anni di condanne

No Tav e vendetta di stato: 140 anni di condanne

Si è consumata oggi nell’aula bunker del Carcere delle Vallette la vendetta dello stato ai danni del Movimento No Tav. Il tribunale di Torino, per voce del giudice Bosio, ha […]

 

No Tav: Cade l’accusa di terrorismo anche per Lucio, Graziano e Francesco

29 dicembre 2014 at 15:34

d31a5978-8165-4ca2-a871-82ce717402aeAnche per il Tribunale del Riesame, che prima di Natale era chiamato ad esprimersi sul reato di terrorismo dato dalla procura di Torino anche per Lucio Alberti, Graziano Mazzarelli e Francesco Sala, il reato non sussiste. Era l’ultimo isterico tentativo dei pm con l’elmetto (è infatti stato notificato pochi giorni prima della sentenza per Chiara,Claudio,Mattia e Niccolò) per continuare a costruire il loro castello di accuse contro i notav. Restano le accuse di possesso e fabbricazione di molotov e di resistenza a pubblico ufficiale, accuse che mantengono la detenzione cautelativa in carcere.

 

 

Fonte:

http://www.notav.info/post/cade-laccusa-di-terrorismo-anche-per-lucio-graziano-e-francesco/

Incendio a Bologna 2014, caso risolto: No Tav. Strage di Bologna 1980: mandanti ignoti. Le 10 ore più strane del Viminale

Incendio a Bologna 2014, caso risolto: No Tav. Strage di Bologna 1980: mandanti ignoti. Le 10 ore più strane del Viminale
dicembre 23
15:38 2014

Nelle stazioni ferroviarie di Bologna non sempre fila tutto liscio. In quella Centrale il 2 agosto 1980, nella sala d’aspetto della seconda classe, scoppiava una valigetta. Una strage: 85 morti.

Nella notte fra il 22 e il 23 dicembre 2014, alla stazione Santa Viola, alle ore 4.30 circa scoppia un incendio che si presume sia di tipo doloso. Ritardi nei treni ma, per fortuna, nessuna vittima. In quest’ultimo caso, nella vigilia di Natale, fanno capolino, nelle prime pagine di tutti i quotidiani on line, illustri colleghi dei media mainstream insieme al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi. Non hanno dubbi: si tratta di terrorismo e conoscono, visti i titoli e i cinguettii del ministro su Twitter, anche i mandanti e gli autori, i gruppi eversivi legati ai No Tav. E’ arrivata la telefonata di rivendicazione? È stato ritrovato qualche documento che rivendica la paternità dell’azione? No, figuriamoci. A dire chi ha appiccato l’incendio sono le scritte trovate sul luogo “dell’attentato”. Infatti questa stazione, lungo i suoi binari, è piena di scritte, sui muretti come sui pali della luce. Addirittura qualcuno, questa mattina, prima dell’arrivo di fotografi e cameramen ha preso una parte di centralina elettrica, l’ha staccata e posizionata in modo che tutti potessero riprenderla, come si fa quando sul tavolo della Questura viene messo il materiale sequestrato (di solito c’è un po’ di tutto: bastoni, badili, coltellini svizzeri, Ventolin per l’asma, caramelle per la gola, eccetera) perché c’è una scritta – sostiene in inizialmente la scientifica – Tav. Quella scritta in realtà è “Tau” con una piccola O sulla U. Nelle gallerie fotografiche delle principali testate on line si vedono gli uomini delle scientifica misurare altre pericolose scritte: “Tls”, “Blaria”. Solo in tarda mattinata la Questura di Bologna, dopo che il web si è già sbizzarrito a dimostrare che quelle non sono scritte di rivendicazione, ammette che si tratta di tag con cui i writer “segnano” il territorio. Una sorta di firma per essere conosciuti. Yo! E Tau con lo O piccola sulla U di fama dopo questa notte ne ha guadagnata parecchia.

Da notare che le fiamme dell’incendio non erano del tutto spente, che il Viminale parla già  di segnali inquietanti e di episodi non isolati. Ammette che sono di bassa intensità ma che questi possano nelle prossime settimane aumentare. Alcuni giornalisti addiruttura scrivono di una rottura all’interno del movimento valsusino, con una parte più radicale con pulsioni eversive. Fanno capire (e neanche tanto tra le righe) che dietro ci sarebbero i cosiddetti anarcoinsurrezionalisti. Non solo. La sentenza di pochi giorni fa che ha assolto dall’accusa di terrorismo quattro militanti No Tav condannati a tre anni e sei mesi per danneggiamento di un compressore sarebbe sbagliata, con Lupi che i pm a mantenere l’accusa di terrorismo per l’appello. Coincidenza vuole che l’incendio di Bologna serva a rafforzare un teorema già respinto dalla Corte di Assise. Ora qualche considerazione. La prima. Negli ultimi tempi la parola terrorismo in Italia è diventata un mantra, qualcuno sembra quasi invocarne lo spirito. Aumentando ansie e paure nelle persone. La seconda. L’incendio sui binari della stazione Santa Viola è stato segnalato alla polizia ferroviaria alle 4:25. Il presunto attentato avrebbe colpito quattro pozzetti. Alle 7:30 la circolazione, seppur con ritardi, era riattivata. Questi i fatti. Per l’intera mattinata i giornali aprivano intitolando “attentato”, “trovate scritte No Tav”, “per Lupi è terrorismo”, “perquisizioni in abitazioni di presunti anarcoinsurrezionalisti” e “il Viminale lancia l’allarme su terrorismo pronto ad alzare il tiro”. Tutto questo fino alle 14:40, quando noi stiamo scrivendo queste righe. Dunque in poco più di dieci ore il caso si può dire chiuso. Non si può dire lo stesso, dopo circa 35 anni dall’esplosione, di quanto accaduto alla stazione di Bologna, dove non si conoscono ancora e probabilmente non si conosceranno mai i mandanti. Il nostro paragone potrebbe essere da qualcuno considerati inappropriato. Ma come detto all’inizio, nelle stazioni ferroviarie di Bologna succedono cose strane…

@AndreaDoi

Fonte:

http://www.nuovasocieta.it/attualita/incendio-a-bologna-2014-caso-risolto-no-tav-strage-di-bologna-1980-mandanti-ignoti-le-10-ore-piu-strane-del-viminale/

Leggi anche l’articolo di Giovanni Stinco su Radio Città del Capo:

http://www.radiocittadelcapo.it/archives/giornalismo-inciampa-scritte-tag-bologna-santa-viola-sabotaggio-153880/

Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia ai domiciliari!

23 dicembre 2014 at 17:46

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Mattia, Chiara, Claudio e Niccolo’ tornano a casa!

Il Tribunale, dopo la sentenza che li ha visti assolti per il reato di terrorismo,  ha deciso per gli arresti domiciliari.

Si sa solo che le restrizioni saranno le massime possibili e che quindi non potranno comunicare con l’esterno, ma per ora godiamoci la grande gioia di pensarli fuori dalla prigione, circondati dai loro affetti!

Un altro passo verso la libertà, continuiamo così No Tav!

Liberi tutti e tutte!

 

 

Fonte:

http://www.notav.info/post/chiara-claudio-nicolo-e-mattia-ai-domiciliari/

No Tav: Marta assolta!

18 dicembre 2014 at 16:47

 

no-tav-martaSi è oggi concluso il processo a carico di Marta per i fatti svoltisi in Val Clarea nella notte tra il 19 ed il 20 luglio 2013.

Quella sera Marta venne fermata, con altri 8 attivisti Notav (di cui uno minorenne) nel corso di una passeggiata notturna nel Comune di Giaglione.

Quella notte circa 500 manifestanti si avvicinarono al cantiere Tav senza mai entrare nella c.d. zona rossa coperta da limite di viabilità in ragione di reiterati provvedimenti prefettizi.

I manifestanti furono accerchiati e caricati dalle FF.OO.: ci furono scontri e tafferugli a cui seguirono i fermi di nove persone.

Marta ed il minorenne furono denunciati a piede libero, mentre gli altri sette fermati furono tratti in arresto, tutti per rispondere dei reati di minaccia e violenza aggravate nei confronti di operatori delle FF.OO., porto e detenzione di armi da guerra e lesioni aggravate.

Tutti i fermati di quella sera in sede di convalida dell’arresto denunciarono di essere stati violentemente percossi dagli agenti operanti.

Il giorno successivo il Movimento Notav denunciò in una conferenza stampa le gravi violenze di quella notte e, in quella stessa occasione, Marta raccontò di essere stata selvaggiamente picchiata, di aver subito violenza sessuale da parte di agenti della Polizia di Stato e di essere stata pesantemente svillaneggiata ed insultata con epiteti di carattere sessista.

La Procura di Torino aprì quindi tre fascicoli in relazione alla specifica posizione di Marta: uno a suo carico (ed a carico degli altri fermati) ed altri due che la vedono persona offesa. Di questi ultimi due fascicoli, aperti a seguito delle formali querele sporte, uno è a carico dell’Onorevole Stefano Esposito per le gravi diffamazioni che esternò a seguito del fermo e della successiva conferenza stampa, l’altro è stato aperto a carico di ignoti per le violenze ed i trattamenti subiti da Marta in occasione del fermo.

Oggi Marta è stata assolta con una sentenza che cristallizza non solo che non ha commesso i reati per cui è stata denunciata ma che consente inoltre di ritenere, ove ve ne fosse ancora bisogno, che quanto ha denunciato pubblicamente ed in Procura, è attendibile e veritiero.

E’ opportuno precisare che la richiesta di assoluzione, sia pure con formula dubitativa, è stata avanzata anche dalla pubblica accusa che ha dovuto prendere atto che gli agenti che avevano fermato Marta, e che ne avevano inizialmente connotato la condotta in termini che ne determinarono la sottoposizione a procedimento penale, avevano successivamente dichiarato di non poterle attribuire alcuna condotta illecita essendosi limitati a soccorrerla, avendola trovata sola, a terra e già ferita.

Tale repentino cambio di rotta da parte di coloro che hanno fermato Marta ha evidentemente inciso sia sulla richiesta dei Pubblici Ministeri che sulla decisione del G.I.P., ma ha anche consentito alla Procura di richiedere l’archiviazione del procedimento penale che vede Marta persona offesa per le violenze subite quella notte. Tale richiesta sarà ovviamente oggetto di opposizione e di successivo vaglio del G.I.P., ma merita già alcune considerazioni.

Duole, ancora una volta, dover constatare che i procedimenti nei quali gli attivisti Notav rivestono il ruolo di indagati giungono velocemente a giudizio, mentre i procedimenti che vedono gli stessi attivisti rivestire il ruolo di persone offese giacciono fermi in indagini (è il caso, tra gli altri, del procedimento penale che vede indagato l’Onorevole Esposito per la diffamazione documentalmente provata ai danni di Marta) o vengono inesorabilmente avviati all’archiviazione.

twit_notav-2La Procura della Repubblica di Torino il 15.12.2014 ha chiesto l’archiviazione del procedimento per le violenze subite da Marta. Il fascicolo, nonostante gli inequivocabili elementi forniti dalla persona offesa atti ad identificare gli autori delle violenze, è rimasto iscritto a carico di ignoti sino a pochi giorni fa, e, quindi, per quasi un anno e mezzo. Il 9.12.2014 il procedimento, dopo ripetute ed estenuanti richieste della difesa di Marta, è stato iscritto a carico di tre soggetti, tutti appartenenti alle FF.OO.. Di tre giorni fa la richiesta di archiviazione.

La Procura di Torino ha quindi perseguito Marta con tenacia pur in difetto di riscontri che ne comprovassero le responsabilità, ignorando, per contro, gli elementi in suo favore sin da subito emersi ed ostacolando ogni tentativo di indagine da parte della sua difesa.

Inoltre Marta, il 30.1.2014, ha ricevuto un ordine di allontanamento dai Comuni di Chiomonte e Giaglione a firma del Questore di Torino proprio sul presupposto della sua partecipazione agli scontri del 19.7.2013 in Val Clarea, così come prontamente segnalata dalla Digos di Torino. Ci si deve allora chiedere perchè il Questore di Torino non ha provveduto ad opportuni accertamenti prima di imporre tali gravosi limiti alla libertà di circolazione, e perchè la stessa Questura, quando per bocca dei suoi stessi agenti, esclude ogni responsabilità di Marta non ha almeno la decenza di revocare quello che è ormai palesemente un’ingiustificata limitazione personale.

L’assoluzione di Marta, intervenuta il giorno dopo l’assoluzione per i reati di stampo terroristico attribuiti a Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò, ha il sapore dell’ennesimo fallimento del teorema persecutorio avviato ormai da anni nei confronti dell’intero Movimento Notav da parte della Procura di Torino, la quale però, per bocca dei soliti Pubblici Ministeri, persevera imperterrita, e con un accanimento degno di migliori ragioni, nel tentativo di proteggere quei rappresentanti dello Stato che invece di garantire i diritti e le ragioni di chi si oppone alla devastazione di una terra ed al malaffare, finisce per accreditare il generalizzato discredito delle FF.OO. e per negare giustizia a chi ne subisce gli abusi ed i sopprusi.

Marta è stata fermata mentre manifestava liberamente il proprio pensiero, è stata picchiata selvaggiamente con calci, pugni e manganelli, sessualmente abusata ed oltraggiata. Qualcuno pagherà per questo?

 

 

Fonte:

http://www.notav.info/post/marta-assolta/

NO TAV, NON fu TERRORISMO. Condannati a 3 anni e 6 mesi.

VAL SUSA. DOPO I 190 ANNI DI CARCERE CHIESTI AL MAXIPROCESSO, NO TAV: CI DIFENDEREMO MA LA LOTTA NON SI FERMA

Da il manifesto:

 

Val di Susa. Dopo i 190 anni di carcere chiesti ieri dall’accusa al maxiprocesso

«Sarà la sto­ria a giu­di­carci, la sto­ria che tutti insieme stiamo facendo». Il giorno dopo la requi­si­to­ria dell’accusa al maxi­pro­cesso No Tav, il movi­mento val­su­sino fa qua­drato e rilan­cia la lotta con­tro il super-treno. «Siamo gente testarda, che crede in quello che dice e in quello che fa. Non saranno certo suf­fi­cienti due secoli di con­danne a fer­mare un intero movimento».Le richie­ste dei pm Qua­glino e Pedrotta, per gli scon­tri dell’estate 2011, ammon­tano a 190 anni divisi per 53 impu­tati (da 6 anni a 6 mesi di reclu­sione). L’avvocato Clau­dio Novaro del Legal team No Tav sarà il primo a inter­ve­nire nell’arringa difen­siva, pre­vi­sta nelle pros­sime udienze. «Valuto ina­de­guato — com­menta — l’impianto accu­sa­to­rio per­ché evita qual­siasi con­te­stua­liz­za­zione oltre a espun­gere com­ple­ta­mente il com­por­ta­mento dei poli­ziotti. C’è, invece, una stretta inter­con­nes­sione tra la con­dotta delle forze dell’ordine e quella dei mani­fe­stanti, una con­se­guenza di eventi». Come si sta, allora, pre­pa­rando la difesa? «Andremo in aula con un’articolata con­su­lenza che rico­strui­sce attra­verso i fil­mati il qua­dro cro­no­lo­gico dei fatti, assente nella requisitoria».

Il movi­mento assi­ste i tanti impu­tati o inda­gati nei vari pro­ce­di­menti in corso: «Fa parte del nostro per­corso di resi­stenza non lasciare da solo nes­suno — rac­conta Fran­ce­sco Richetto del Comi­tato di lotta popo­lare di Bus­so­leno — e il nostro soste­gno va ben oltre al sup­porto legale». Come ha rea­gito la Valle alle alte richie­ste dell’accusa? «Non ci aspet­tiamo nulla dai tri­bu­nali, è un pas­sag­gio che dob­biamo affron­tare, con tutti gli osta­coli che com­porta, ma la nostra lotta — spiega Richetto — pro­se­gue indi­pen­den­te­mente dalla que­stione giu­di­zia­ria. Non sono riu­sciti a fer­marci in altri modi, ora pro­vano con la repres­sione penale».
Intanto, il can­tiere del cuni­colo esplo­ra­tivo pro­cede a rilento. Lo scavo del tun­nel della Mad­da­lena non sarà ulti­mato entro il ter­mine peren­to­rio fis­sato dall’Unione Euro­pea del 31 dicem­bre 2015. La Torino-Lione rischie­rebbe così di per­dere 33 milioni di euro di con­tri­buti euro­pei. D’altronde Bru­xel­les è stata chiara: nes­sun con­tri­buto sarà ero­gato per lavori svolti oltre il termine.

 

 

 

Fonte:

http://ilmanifesto.info/no-tav-ci-difenderemo-ma-la-lotta-non-si-ferma/

Era il 24 luglio 2011. Ad Alessandro fu sparato un lacrimogeno in faccia.

Dal profilo Facebook di Simonetta Zandiri,attivista No Tav:

 

Era il 24 luglio 2011. Ad Alessandro fu sparato un LACRIMOGENO in FACCIA. Sparato con il lanciagranate, GL-40, uno di quelli con PROPULSORE INTERNO. Se non avesse avuto la mascherina “da verniciatore” forse non sarebbe vivo. IO NON DIMENTICO. Sono passati 3 anni e NON DIMENTICO.
Fu dimesso dall’ospedale Molinette il giorno dopo, trasferito da Susa. Fu dimesso con la faccia che CADEVA A PEZZI, “si riaggiusta”, gli dissero. Tutti d’accordo. OMERTOSI, anche i medici. Qualche giorno dopo lo portai al San Luigi, perché stava ancora male. Videro i referti, telefonarono ai colleghi poi ci dissero “TUTTO A POSTO, SI RIAGGIUSTA”. OMERTOSI.
Fu solo grazie ad un’amica che il 17 agosto fu ricoverato e operato al maxillo-facciale. E non è finita.
Questa storia è complicata, intervengono anche i fantomatici messaggini anonimi che partono dall’email di massimo numa. Misteri archiviati dalla Procura di Torino, insieme a tanti altri. Ma non ho bisogno della procura per conoscere la verità.Ecco quello che scrissi nella notte del 24 luglio:
Hanno di nuovo sparato ad altezza d’uomo per uccidere.

Nella valle che resiste un uomo che decide di stare al posto giusto, nel momento giusto, diventa l’uomo sbagliato nel momento sbagliato, nel luogo peggiore. Era giusto esserci, oggi, insieme a chi ha scelto di indossare il cappello degli alpini e passeggiare al di là delle reti di un cantiere che non c’è. Ed era giusto esserci, questa sera, per partecipare all’evento NO TAV = NO MAFIA organizzato per ricordare Borsellino, Falcone e tutte le vittime della mafia, inclusi gli uomini e le donne della scorta che per lottare contro la mafia hanno perso la vita. Al contrario di chi, oggi, ha ancora una volta attaccato cittadini disarmati, sparando NON per allontanarli per effetto dei gas lacrimogeni (peraltro tossici, al CS), ma con il preciso intento di COLPIRLI con i proiettili, troppo spesso sparati ad altezza uomo, puntando non tanto chi si avvicina al cancello, ma chi si avvicina con una fotocamera o una telecamera in mano. Già, perché di questo hanno paura più che di una pietra, di chi si “arma” di pericolose videocamere e poi è pronto a raccontare la verità, quella che non sentirete a nessun TG.
La verità è che non è stato possibile commemorare le vittime della mafia, non è stato possibile ricordare i nomi di Agostino, Claudio, Emanuela, Vincenzo, Eddie Walter, uccisi per mano della mafia e schegge deviate di quello stato che con la mafia aveva scelto di venire a patti piuttosto che combatterla. A.L., Valsusino doc over 45, come tutti noi, voleva tenere viva la memoria di questi uomini e queste donne, ricordandoli nel luogo dove oggi un’intera popolazione resiste e lotta contro l’ennesima grande opera inutile e devastante che vogliono imporre con la forza per favorire gli interessi di pochi, consapevoli e noncuranti dell’altissimo rischio di infiltrazioni di mafia e ‘ndrangheta.

Alle 19:45 stava preparando, insieme ai compagni di Resistenza Viola, il materiale per allestire la videoproiezione del film “IO RICORDO” davanti alla centrale, poiché era previsto di estendere l’invito anche alle forze dell’ordine, alle quali avremmo regalato alcune Agende Rosse. Poi gli spari, alcuni lacrimogeni arrivano nell’area tende ed è il caos. A.L. ha già vissuto quella scena, lo sgombero, il 3 luglio, le notti… è pronto, indossa la maschera antigas, gli occhialini e corre nella zona dove si stava recando per preparare l’evento, tiene in mano la macchina fotografica per documentare ed è pronto ad aiutare chi ne avesse bisogno. Raggiunge il ponte tra una marea di gente che corre, occhi gonfi, tosse, qualcuno sembra disorientato. C’è molto fumo, troppo per capire da dove stanno sparando, quasi una coltre di nebbia. A.L. tenta di filmare e, poco prima di essere colpito al volto riesce a filmare il lancio di un lacrimogeno che parte, presumibilmente, dai mezzi mobili, quelli che hanno montati dei piccoli “cannoni” usati soprattutto per lanciare lacrimogeni a lunghe distanze. Ma qui parliamo di 20, forse 30 metri. Con quei mezzi, infatti, stavano sparando NON SOLO nell’area tende, ma anche sui NO TAV che ancora resistevano nella zona del ponte, a pochi metri dal cancello dietro il quale erano fermi i blindati. UN SECONDO è il tempo impiegato dal colpo che dal blindato raggiunge il ponte. Poi il video s’interrompe. A.L. viene colpito in pieno volto pochi secondi dopo, la maschera distrutta, il colpo è talmente forte da farlo cadere a terra. Alcuni compagni lo aiutano a sollevarsi e allontanarsi, ha il volto coperto di sangue, è confuso, non riesce a parlare. Raggiunge l’area tende dove subito arrivano alcuni medici presenti alla manifestazione e gli prestano le prime cure, la situazione è grave, naso e mascella sono gonfi, perde molto sangue, ha lacerazioni interne, sotto il palato, viene portato in auto al pronto soccorso di Susa.
Arrivato al pronto soccorso i medici, vista la gravità della situazione, lo sottopongono ad una TAC, che rivelerà fratture multiple a naso, mascella, lacerazioni profonde che vengono suturate immediatamente, ma la prognosi resta riservata, in attesa di trasferimento al reparto di chirurgia maxilo facciale di un ospedale di Torino, dove verrà sottoposto ad intervento chirurgico.

Doveva essere una giornata colorata, pacifica, resistente ancora una volta all’insegna della non violenza che da sempre contraddistingue le azioni del movimento NO TAV. Ma la frangia violenta ha agito ancora, presumibilmente usando nel modo peggiore (sparando a distanza troppo ravvicinata) un’arma che avrebbe lo scopo di allontanare le persone per effetto dei GAS e non per la spinta dei PROIETTILI! In questo modo la frangia violenta è quella in divisa, l’ingiustizia è coperta ancora una volta da una legalità svuotata ormai di ogni significato, se non quello di garantire l’impunità a chi commette forse la peggiore delle violenze, perché di questo si tratta quando un esercito armato fino ai denti spara a cittadini disarmati. La macchina del fango ha continuato per giorni nell’azione preventiva di costruire quanto oggi è accaduto, parlando di “infiltrati” reduci dalle manifestazioni per il decimo anniversario del G8 di Genova, oltre ai black bloc dei quali si continua a parlare, ma che nessuno evidentemente è in grado di identificare e arrestare (sarà che sono sempre un’invenzione?), quindi dovevano agire, dovevano creare gli scontri e l’hanno fatto prima del solito. Perché le altre sere attendevano una certa ora, ma questa volta no: hanno gasato il campeggio, dove c’erano anche anziani, donne e bambini, tra le 19:30 e le 20:00, annullando così gli eventi previsti, perché nella valle che resiste non si può dire che NO TAV = NO MAFIA!

Dall’ospedale A.L. manda un messaggio a tutti: “non mollate, ragazzi. Non molliamo. Resistere! Resistere! Resistere!”. Uno dei medici che lo ha accolto al pronto soccorso ha semplicemente detto, dopo averlo esaminato “Lo stato è morto, la democrazia è morta, ma te ne rendi conto solo quando vedi queste cose”. Queste cose noi non vogliamo più vederle. Abbiamo il diritto di conoscere le regole d’ingaggio, e di sapere chi ha ordinato di sparare sulle persone (altezza uomo) da quei blindati, con una potenza che ha rischiato di UCCIDERE perché avrebbe potuto finire così se A.L. fosse stato, come tanti, sprovvisto di maschera. Sappiamo che gli uomini in divisa hanno filmato tutto, sta a loro identificare esecutori e mandanti, inclusi i responsabili politici. Perché ancora una volta è stata ridotto ad una questione di ordine pubblico un problema che ha a che fare con la democrazia, con il fallimento della politica, con uno stato assente. Ora è giusto che nelle forze dell’ordine sia avviata un’inchiesta ed è tempo che la politica torni ad affrontare la questione che da 22 anni non trova soluzione. E’ tempo di riportare il tema sul piano politico, dove da sempre avrebbe dovuto essere affrontato democraticamente. La Valsusa è pronta, ma non chiedeteci di ascoltare, o di discutere “come” accettare quest’opera inutile e devastante, e non tentate di farcela digerire spostandola in Liguria perché il messaggio è sempre stato forte e chiaro: né qui, né altrove.
E’ arrivato il momento di fare allontanare le truppe e riaprire il dialogo. La Valsusa è pronta a spiegare le ragioni del NO, come lo è gran parte degli italiani.
Perché i sogni non si distruggono con i lacrimogeni. Neanche sparandoli in faccia.
Sans pitié, mon ami. Résistance.

Qui l’intervista fatta questa notte alle 01:00 ad A.L. in ospedale: http://www.youtube.com/watch?v=-joCay544Ms&feature=player_embedded

Fonte:

IL 3 LUGLIO 2011, I SUOI 4357 LACRIMOGENI SPARATI E LA TORTURA SU UN RAGAZZO

.Giusto per non dimenticare, riporto qui quanto accaduto ormai quasi tre anni fa in Val Susa contro i No Tav, ricopiando dalla vecchia piattaforma di Controinformazione (r)esistente:

Dal blog baruda.net di Valentina Perniciaro:

3 luglio 2013
Due anni fa a quest’ora il cielo azzurro sopra quelle montagne non aveva nulla di minaccioso,
anzi ci aveva accolti a migliaia da tutta Italia, così come i paeselli inerpicati, i tetti di lavagna, l’odore del pane fresco e poi quello dei boschi, sempre più fitto.

Due anni fa eravamo in tanti a resistere alla violenza di Stato, ad una militarizzazione di un territorio inaccettabile e stupratrice, a migliaia e migliaia di lacrimogeni lanciati a colpirci in faccia o comunque sul corpo.
Quel giorno non cercavano il morto, cercavano i nostri occhi, cercavano di mutilarci e soffocarci. Di farci capire che quelle montagne ormai son proprietà del filo spinato e degli anfibi, degli alberi tirati giù, dei cantieri fantasma, dei loro appalti milionari, del saccheggio della terra:
volevano farci capire che dobbiamo sparire, ridurci a pulviscolo nell’aria, permettere ai loro cingoli e alle trivelle di mangiare la nostra terra e il futuro dei nostri figli:
4357 lacrimogeni lanciati.
Se penso a metterli tutti in fila, visto che bel candelotto hanno questi Cs, si costruirebbe un lungo percorso tossico, di rappresaglia collettiva.
Non ce li dimentichiamo quei quattromila lacrimogeni ad appestare quei boschi, a limitare la respirazione, a farci sputare a terra l’odio per voi e la gioia infinita di essere tutti insieme:
tutti insieme contro la devastazione e il saccheggio che cercate di portare avanti impunemente nei territori, nelle nostre vite, nei posti di lavoro, nelle scuole.
Una sola cosa avete capito chiara, e da prima di quel giorno: “A sarà düra”
Fonte:
 
 
Qui http://baruda.net/2011/07/06/val-susa-ma-quali-black-bloc/ il racconto di Valentina su quella giornata di tre anni fa che potete leggere anche in quest’altro link del mio vecchio sito, non più attivo, che esiste solo come archivio elettronico: http://parolenude.iobloggo.com/233/val-susa-ma-quali-black-block/&cid=286736
  Foto di Valentina Perniciaro _tonnellati di CS a frammentazione nei boschi_

Foto di Valentina Perniciaro _Lacrimogeni sparati addosso_
Foto di Valentina Perniciaro _il cavalcavia da dove lanciavano sassi e lacrimogeni_
Foto di Valentina Perniciaro _l'assedio nel bosco_ Foto di Valentina Perniciaro _l’assedio nel bosco_
Qui il video della conferenza stampa di Fabiano Di Berardino, un ragazzo torturato dalle forze dell’ordine in Val di Susa il 3 luglio 2011:

Qui invece avevo riportato l’articolo dal sito dei No Tav dove si parla per la prima volta della quantità di lacrimogeni usati lanciati quel giorno: